Sonia Bergamasco: «Sono un'attrice che si ritrova nella scrittura»

L'attrice al Palladium interpreta le sue poesie accompagnata da un piano e un clarinetto

Sonia Bergamasco: «Sono un'attrice che si ritrova nella scrittura»
di Katia Ippaso
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Venerdì 4 Novembre 2022, 10:10

«Il mio corpo è tutto quello che ho e tutto quello che non ho». Sono i versi di Sonia Bergamasco, gli unici scritti a stampatello, tra le 99 pagine di poesie che la nota attrice milanese, 56 anni, ha pubblicato per la prima volta per la Nave di Teseo (16 euro). Ed è proprio il motivo del corpo a fare da filo sottile, punto di congiunzione tra i diversi quadri che compongono Il quaderno, antologia di poesie che l'attrice ha composto fin da ragazza. Dal momento che il corpo è il filo conduttore, tutta quest'avventura non poteva non avere un momento di messa in vita teatrale: domani sera al Teatro Palladium. Accompagnata al pianoforte dal compositore Fabrizio De Rossi Re e dal clarinettista Fabio Battistelli, la pluripremiata attrice di cinema, tv e teatro ci conduce, con Il quaderno di Sonia, nel suo giardino incantato. Permettendo a chi ascolta di muoversi tra le pagine del suo libro, costellato di figure mitologiche e bambine.


In che modo la sua conoscenza della musica ha influenzato la scrittura poetica?
«Moltissimo. Il pianoforte è stato il mio primo alfabeto. Nella composizione delle parole, seguo il loro andamento musicale. Non prescindo mai dalla carne, dal corpo delle parole».


A proposito, è attorno al sentimento del corpo che lei costruisce le immagini. Sono corpi di fuoco, corpi che soffrono, corpi effimeri. Corpi in fiore. Corpi in allarme.
«Da attrice, vivo tutto questo come una percezione fisica. Immagino tanti corpi diversi che rappresentano le differenti proiezioni di me stessa, le tante possibilità. Io mi guardo vivere».


Del quaderno giovanile, come lei scrive nelle prime pagine, non resta che una linea ondulata, a trattenere la sostanza di una visione, un pensiero in grado di pensare il mondo. Cosa significa esattamente quella linea ondulata riprodotta sulla pagina?
«Quella linea ondulata è il ricordo di un quaderno che non esiste più. È un incipit ma è anche una nuova rivelazione».


Suo marito, Fabrizio Gifuni, è diventato negli anni il primo lettore delle sue più recenti poesie?
«Non necessariamente. È una stanza tutta per me, come dice Virginia Woolf, che poi si allarga.

Per me la scrittura è una possibilità concreta d'espressione».


Nella prefazione al suo Quaderno, Maria Grazia Calandrone individua la scena primaria, che è il perno attorno al quale si incardina l'esistenza di un corpo: la bambina che danza allo specchio dietro la porta della camera da letto dei suoi genitori. Quella bambina è ancora viva in lei?
«Si, anche se la vedo, quindi è un altro da me, la riconosco nel ricordo e le voglio bene, malgrado tutte le ombre, i fantasmi, e le sofferenze. Quella bambina me la tengo stretta».


Dal futuro, arriva una poesia. Si intitola 6000 d.C. Si staglia sull'immagine di una scarpa sigillata nella teca di un museo. Come ci è arrivata quella scarpa fino al 6000 dopo Cristo?
«È una visione, è un gioco, un'invenzione che ho usato per togliere peso al nostro presente, per ridimensionare tutti i più grandi eventi e ricordarci di quanto siamo piccoli».


Il suo Quaderno è popolato di figure angeliche. Perché per sé stessa ritaglia la figura di un corpo senza ali?
«Perché è così. C'è il desiderio di trovare una leggerezza. E questo desiderio mi aiuta a vivere».


Cito letteralmente dal suo libro: Quando io giudico, sento che perdo. Letteralmente, io cado in pezzi. Riesce sempre a correggersi senza cadere nel giudizio?
«No, è un continuo sbaglio e un continuo cadere, ma con la percezione che da quella parte c'è una luce che porta bene, quella direzione».


C'è stato un momento della sua vita in cui ha oscillato tra l'essere attrice o scrittrice?
«Non ho mai avuto questo dubbio. Mi sono sempre considerata attrice, prima di tutto. Diciamo che la scrittura mi ha accompagnato fin da piccola, scandendo essenzialmente alcuni momenti di felicità. Mi ha aiutato a raffinare la mia percezione degli altri e di me stessa, ma non ha mai preso il sopravvento. Intanto sto preparando qualcosa di nuovo, che prenderà una forma narrativa».


Teatro Palladium, piazza Bartolomeo Romano, 8, domani ore 20.30.
 

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