Impressionismo tra storia e rivoluzione. A Roma la mostra che celebra i 150 anni del movimento che trasformò il linguaggio dell'arte

Da Corot, Ingres, Delacroix e Dorè all'omaggio di Picasso a Degas e Desboutin, centosessanta opere per raccontare una delle correnti artistiche che più ha rivoluzionato e influenzato la società

JEAN BAPTISTE MILLET - Paesaggio al tramonto ©
di Ludovica Lunghi
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Mercoledì 6 Marzo 2024, 13:31 - Ultimo aggiornamento: 13:43

Di mostre sull'Impressionismo se ne sono organizzate tante, forse troppe. Considerato come la svolta cruciale nella nascita e nello sviluppo di un nuovo linguaggio artistico - quello della modernità - il movimento è stato più volte frainteso, travisato, privato del suo significato originale. Un fatto, questo, che ha portato Gilles Chazal, Vincenzo Sanfro, Maïthé Vallès-Bled e Vittorio Sgarbi a riavvolgere il nastro e a ricominciare da capo il discorso, per portare l'Impressionismo alla sua corretta, filologica prospettiva storica e culturale attraverso una nuova mostra che ne celebra anche l'anniversario della nascita.

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Lo scenario

Ridare all'Impressionismo la sua vera identità. Questo l'intento della mostra antologica "Impressionisti - L'alba della modernità", a Roma dal 30 marzo al 28 luglio al Museo Storico della Fanteria.

Un'esposizione che celebra i centocinquant'anni del movimento nato a Parigi nel 1874 - quando il fotografo Nadar organizzò la prima mostra impressionista - e che mira a contestualizzare la sua nascita e la sua evoluzione all'interno di un periodo storico molto particolare come quello della Parigi di fine Ottocento. Un modo per riportare i visitatori all'interno di quel mondo, ricreando l'atmosfera e il frenetico fervore che caratterizzava la città francese in quel periodo, avamposto privilegiato di una civiltà borghese che in quegli anni stava legittimando il proprio primato sociale.

Attraverso la fede in un progresso positivista nel quale intravedeva la promessa di una condizione materiale e spirituale senza pari per l'umanità intera, l'uomo inizia a sentire il bisogno di rinnovare il linguaggio dell'arte, non più in grado di rispondere alle sue esigenze comunicative di quel periodo. Ed ecco che per la prima volta ciò che conta è ciò che l'uomo prova davanti al mondo e alla natura, le sue emozioni, la sua sensibilità. Niente più tecnicismi, niente più conformismo estetico, niente più retorica degli accademici. Un nuovo linguaggio, un nuovo messaggio, un nuovo inizio. Il tutto, in un nuovo centro: Parigi. Non più Roma, non più l'Italia. «Lo spirito del mondo veste l'Italia per molti secoli, dal Trecento fino all'Ottocento, fino a Canova. A un certo punto però l'Italia perde il suo primato e lo spirito del mondo si sposta in Francia, dando vita ad una nuova fase dell'arte», dice Vittorio Sgarbi - citando in parte Hegel - presentando la mostra, «e ad un nuovo miracolo che premia l'occhio».

La mostra

Attraverso oltre centosessanta opere e sessantasei artisti, la mostra prodotta da Navigare srl e organizzata con il supporto del comitato scientifico composto da Gilles Chazal (ex Direttore Musée du Petit Palais, Membre école du Louvre), Vincenzo Sanfo (Curatore mostre internazionali, esperto di Impressionismo) e Maïthé Vallès-Bled (ex Direttrice Musée de Chartres e Musee Paul Valéry), e diretto da Vittorio Sgarbi, presenta un’ampia galleria di dipinti, disegni, acquerelli, sculture, ceramiche e incisioni di artisti che contribuirono, sperimentando stili e tecniche differenti, all’originalità del movimento. Divisa in tre sezioni - Da Ingres a L’École de Barbizon, i fermenti dell’ImpressionismoL’Impressionismo e L’eredità dell’Impressionismo - la mostra abbraccia un arco temporale che va da inizio Ottocento (con opere di Ingres, Corot, Delacroix) al 1968, anno dell'omaggio di Picasso a Degas e Desboutin. Un viaggio attraverso arte e storia, nella cornice della grande industrializzazione e sullo sfondo di scoperte e invenzioni che hanno cambiato il mondo, come la fotografia, il cinema, l'elettricità, il telefono e i primi voli aerei. Il tutto, insieme a materiali documentali come lettere, fotografie, libri e oggetti che offrono uno spaccato della società e della sensibilità dell’Ottocento in cui si formarono i rivoluzionari artisti impressionisti.

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