Tor Bella Monaca, don Coluccia: «Qui ormai è peggio che a Caivano, aiuterò la gente a uscire dell'omertà»

«Si sta sparando troppo facilmente e addosso alle persone. Le organizzazioni criminali hanno creato uno stato di paura»

Tor Bella Monaca, don Coluccia: «Qui ormai è peggio che a Caivano, aiuterò la gente a uscire dell'omertà»
di Giampiero Valenza
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Sabato 16 Settembre 2023, 06:37 - Ultimo aggiornamento: 08:28

Don Antonio Coluccia non molla. Anzi. La sua missione di prete anti-spaccio, continua. Il sacerdote vocazionista, dopo l'attentato a cui è scampato a fine agosto e dopo la polveriera esplosa a Tor Bella Monaca con l'ultimo omicidio di giovedì scorso, chiede ai testimoni di parlare. «Nelle periferie romane c'è una grande spirale di violenza. Chi ha visto, parli». Il sacerdote vocazionista originario di Specchia (Lecce), è convinto che il problema dei quartieri popolari della Capitale va affrontato in modo peculiare.

Don Antonio, cosa sta succedendo in città?
«Si sta sparando troppo facilmente.

Tutto questo non è proprio accettabile. Invoco il risveglio delle coscienze dei cittadini: chi ha visto qualcosa deve parlare e non vivere nell'omertà. A Caivano si spara in aria. Qui a Roma, invece, si sta sparando direttamente alle persone».

Nella sua missione quotidiana le capita di ricevere persone pronte a parlare, a rompere questo muro di silenzio che sembra far vivere alcuni quartieri in una cappa?
«Nella missione di ogni sacerdote c'è l'annuncio del Vangelo, che è un messaggio di liberazione. Qui lo spaccio, le occupazioni abusive, la criminalità, non garantiscono l'armonia del territorio. Ogni giorno ci sono tante persone che si avvicinano e dicono di andare avanti. Lo fanno anche all'associazione Tor Più Bella, che si sta impegnando profondamente nella lotta al degrado e alla malavita».

Quali sono le preoccupazioni maggiori di chi vive nei quartieri popolari romani?
«Ci sono persone che dicono di aver davvero bisogno. Noi diamo voce a chi non ce l'ha, ai poveri, alle persone sole e bistrattate. La speranza appartiene a loro: si confidano e raccontano le loro grandi storie di sofferenza. Non hanno lavoro, non hanno viveri. C'è chi è senza casa e vive in macchina».

Dopo questo confronto quotidiano che ha con i residenti pensa possa cambiare qualcosa?
«Parlano e poi ci ringraziano per l'ascolto. Come ogni cambiamento tutto parte da un primo passo. Noi possiamo aiutare a farlo insieme. Si può alzare la testa davanti a questa condizione di silenzio».

 

Perché c'è tanta omertà a Tor Bella Monaca?
«L'omertà non è un'attitudine cristiana, è un vero e proprio tumore sociale. Sono state le organizzazioni criminali ad aver creato uno stato di paura. Il vero problema non è la polizia, come invece dicono i malavitosi, ma sono proprio loro, coloro i quali continuano a delinquere. Tanti residenti lo sanno, a tal punto che con angoscia ripetono: "quando devo entrare in casa mia ci sono sempre loro, occupano gli appartamenti e le cantine, lasciano sporcizia". E sono costretti a vivere nella rassegnazione».

Occupazioni abusive e spaccio di droga sono all'ordine del giorno. Nota una presa di coscienza da parte dei residenti? Una maggiore voglia di partecipare a iniziative a sostegno della legalità?
«Le persone stanno cominciando a indignarsi e a parlare. Questo è un bel segnale. Noi possiamo organizzare iniziative di confronto, come quella che facciamo oggi, dalle 9,30 in poi, in una delle piazze di spaccio del quartiere, in via Scozza, dove parteciperemo a un'operazione anti-degrado. E vogliamo continuare con i momenti di preghiera e riflessione: ci dobbiamo affidare a Dio contro questa violenza che si sta consumando nella Capitale».

Il business degli stupefacenti è difficile da sradicare...
«Il welfare della droga è pericoloso: quando ci sono soldi facili si banalizza la vita. Gli spacciatori sono venditori di morte e gli assuntori sono i loro collaboratori. Per Roma è una vera emergenza e ci sono condizioni gravi da affrontare».

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