I testimoni, clienti di lungo corso della discoteca in via dell'Oceano Atlantico, hanno riconosciuto il buttafuori che ha sferrato il colpo. Sarebbe il più anziano del gruppo, i due clienti che lo avevano visto anche in altre occasioni, hanno letto il suo nome sulla targhetta identificativa appuntata sulla divisa di servizio e sono stati ritenuti attendibili. «Dovranno essere attribuite responsabilità precise - ha dichiarato l'avvocato Marco Casalini, che assiste Farinacci - il mio assistito era presente, ma non ha provocato il decesso della vittima. Sta vivendo una tragedia». Increduli i colleghi dei vigilante. «Uno di loro in passato salvò anche una persona accoltellata - dicono dall'Aiss, l'associazione italiana sicurezza sussidiaria - ed è un esempio per tutti. Non sono dei violenti». Al San Salvador la situazione degenera all'1,30 di domenica notte. Galvagno, visibilmente alticcio, sta ballando su un cubo, ma cade e urta una donna sulla pista da ballo. Poi, litiga con un altro avventore. Intervengono i due buttafuori in servizio nella sala. Lo fanno uscire, ma lui fa resistenza: è arrabbiato, vuole a tutti i costi restare nella discoteca. Inizia una piccola colluttazione, che viene sedata dalla compagna del cinquantenne, che si allontana per andare a prendere la macchina e tornare a casa insieme al fidanzato. Barbara D'Agnano, la compagna di Galvagno, parla di «sguardi, di parole non dette», agli investigatori. C'è tensione ma nulla che faccia presagire al peggio. Nel parcheggio del locale, però, la rissa prosegue.
L'AGGRESSIONE
Dura 7 o 8 minuti. Arrivano altri tre addetti alla sicurezza: quelli in servizio all'ingresso, alla biglietteria e al guardaroba. Spintoni, minacce, parole pesanti. «Fate meno i coatti, vi sfondo», avrebbe detto la vittima. I buttafuori rispondono per le rime e, soprattutto, con le botte. Lo spingono e lui cade in terra. Si rialza, barcolla, cade di nuovo. È furioso e stremato, non si regge in piedi. Dopo l'ennesimo spintone, Galvagno è steso al suolo. Uno dei cinque prende la mira e gli sferra un calcio in piena faccia. Il colpo è violentissimo. Il cinquantenne resta immobile, respira a malapena, perde sangue dalla bocca. La compagna, infermiera del policlinico di Tor Vergata, tenta di rianimarlo. Insieme a un cliente chiama i soccorsi. La corsa in ambulanza è inutile: Giuseppe muore prima di arrivare all'ospedale Sant'Eugenio. Sul posto arrivano i carabinieri della compagnia Eur e quelli del Reparto Operativo di via In selci diretti dal colonnello Giuseppe Donnarumma. Raccolgono decine di testimonianze. Ascoltano il proprietario del locale, la compagna di Galvagno, i clienti. Due di loro raccontano di aver assistito al pestaggio. Non si contraddicono, indicano uno dei buttafuori per nome: è abbastanza per ottenere il fermo dei cinque, per cui la procura ieri ha chiesto la convalida. L'udienza dal gip è prevista nelle prossime ore. Nel frattempo, gli inquirenti attendono i risultati dell'autopsia e degli esami tossicologici, per stabilire se Galvagno avesse assunto alcol e droghe.
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