Rifiuti, l'uomo di Cerroni e le telefonate con Muraro

Paola Muraro
di Michela Allegri
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Martedì 20 Settembre 2016, 08:33 - Ultimo aggiornamento: 21 Settembre, 18:33
Una sfilza di telefonate, impigliata tra i brogliacci di una delle inchieste più clamorose degli ultimi anni: quella che, nel 2014, ha fatto finire prima in manette e poi a processo il ras delle discariche laziali, Manlio Cerroni. E un nome che rimbalza da un capo all'altro della cornetta: Paola Muraro, ex consulente della municipalizzata romana dei rifiuti e attuale assessore all'Ambiente della giunta Raggi, già indagata per violazioni ambientali.
L'argomento delle conversazioni è più che mai attuale. La Muraro, nel 2011, parla con il braccio destro del ras, Francesco Rando, del centro di trasferenza dei rifiuti che il consorzio Colari - di Cerroni - aveva realizzato a Rocca Cencia. Lo stesso impianto che, poco tempo dopo, grazie a un'autorizzazione della Provincia che gli inquirenti considerano sospetta, sarebbe stato trasformato nel tritovagliatore, il macchinario finito al centro della maxi inchiesta della Procura sull'emergenza immondizia della Capitale. I contatti tra Rando e la Muraro potrebbero essere rilevanti. Per questo motivo, il pm Alberto Galanti, titolare del fascicolo, ha acquisito tutti le conversazioni. Per le anomalie in relazione al sito di Rocca Cencia, Cerroni è indagato per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, truffa e frode nelle pubbliche forniture. Accusati, insieme a lui, alcuni funzionari della Regione e della Provincia. Non è tutto. Per gli inquirenti, l'impianto, inutilizzato da marzo e ora affittato alla ditta Porcarelli Gino srl, potrebbe aver funzionato per anni in modo abusivo.

LE IRREGOLARITA'
La prima irregolarità sembrerebbe riguardare la collocazione. In base a una determina della Regione che risale al 2010, infatti, il tritovagliatore sarebbe dovuto sorgere a Malagrotta, nel terreno che, fino al 2013, ha ospitato la discarica più grande d'Europa. Quel documento stabiliva anche che il prezzo da pagare per ogni tonnellata di rifiuti trattata sarebbe stato di 104 euro. Per gli inquirenti, il ras potrebbe aver escogitato un piano per aggirare la determina e ribaltare la situazione a suo vantaggio. E' il 2010, il sistema di smaltimento romano è basato quasi solo su Malagrotta, che accoglie materiali indifferenziati. Le normative europee stabiliscono però che il rifiuto non possa essere inviato in discarica tal quale, senza un precedente trattamento. La Regione è quindi a rischio sanzione. Per rimediare, emette una determina con cui ordina al gestore di Malagrotta di costruire un tritovagliatore da collocare in zona. Un anno dopo, Colari chiede alla Provincia di poter utilizzare un centro di trasferenza a Rocca Cencia, che avrebbe dovuto smistare i rifiuti.

Nel 2013, Cerroni ottiene di trasformare quel centro nel tritovagliatore. Sigla poi con l'Ama un contratto più vantaggioso: ogni tonnellata di rifiuti smaltita verrà pagata 175 euro. In calce al documento c'è la firma di Giovanni Fiscon, ex dg della municipalizzata, adesso a processo per Mafia Capitale. Ora, la Procura vuole stabilire se la Muraro fosse al corrente del progetto. Anche perché una delle sue prime mosse da assessore è risultata sospetta: appena nominata, ha tentato di fare riaprire il tritovagliatore, scontrandosi con il parere negativo dell'ex presidente Ama, Daniele Fortini.

IL RAS
Il pm vuole capire se sia stata una mossa per favorire Cerroni e se la conoscenza con il ras sia risalente nel tempo. Per questo motivo, il magistrato ha acquisito i dialoghi in cui l'ex consulente parla del centro di trasferenza. Dello stesso sito scrivono anche i carabinieri del Noe in un'informativa datata 2011 e agli atti del primo processo a carico di Cerroni.

«A comprovare l'influenza e l'illimitata persuasione di cui è capace l'avvocato Cerroni, sopraggiunge un controllo effettuato sull'autorizzazione in possesso della stazione di trasferenza dei rifiuti urbani gestita dal Colari, società amministrata in prima persona da Cerroni», si legge nel documento. L'impianto, per i militari, «è risultato sprovvisto di autorizzazione poiché scaduta da circa 10 anni, nonché privo dei requisiti tecnici previsti dalla normativa di settore». A detta del Noe, dopo la verifica si sarebbe scatenato «un turbinio di telefonate tra Cerroni e gli alti vertici dell'Amministrazione Provinciale».