Roma, abusò per 10 anni di un bimbo e lui tentò il suicidio: chiesti 14 anni per il prete pedofilo dell'Aventino

Roma, abusò per 10 anni di un bimbo e lui tentò il suicidio: chiesti 14 anni per il prete pedofilo dell'Aventino
di Adelaide Pierucci
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Sabato 9 Aprile 2016, 09:05 - Ultimo aggiornamento: 21:56

Per nove anni aveva ospitato nel convento della basilica di Sant'Alessio all'Aventino un bambino che gli veniva affidato dai genitori. Per fargli trascorrere vacanze sicure a Roma e al mare e in montagna, praticamente a costo zero. Che don Vito Beatrice, un prete della congregazione dei chierici regolari di Somasca, avrebbe approfittato della compagnia del piccolo per ripetuti approcci sessuali, però, si è scoperto molto più tardi, quando nel 2011, quel bambino, divenuto adulto ha tentato il suicidio ed è stato ripescato in un fiume. «Un prete mi ha rubato l'infanzia. E non ce la faccio più a vivere con questo peso», si è sfogato poi. È partita così la vicenda giudiziaria che ieri ha portato il procuratore aggiunto Maria Monteleone a chiedere 14 anni di carcere per il religioso. «Ha agito abusando del suo ruolo e della vocazione», ha detto, «sottoponendo la vittima ai suoi voleri lontano dagli occhi dai genitori». Una richiesta pesante che per il magistrato sarebbe dovuta essere ancora più esemplare. Ma visto che i fatti sono risalenti (il primo approccio è stato datato nel 1995 quando la vittima aveva 9 anni), la prescrizione ha cancellato le contestazioni più vecchie. La sentenza è attesa per il 28 aprile.
I sospetti sulle ambiguità di don Vito, all'epoca frate della Congregazione dei Chierici Regolari di Somasca, ora settantenne e sospeso a divinis, si sarebbero aggravati via via con le indagini che poi lo hanno portato al rinvio a giudizio con l'accusa di violenza sessuale aggravata dall'età della vittima e dall'aver agito approfittando del ruolo di ministro cattolico.
 
IL RACCONTO
Dietro alla denuncia una storia di sofferenza. «Mi è stata rubata l'infanzia» ha raccontato la vittima in aula «avevo deciso di farla finita, non riuscivo più a convivere con i ricordi». Era stato quel gesto estremo dopo anni di attenzioni morbose e violenze spacciate per affettuosità cristiane, a spingerlo a denunciare il prete che per quasi dieci anni, dai 9 ai 18 anni, avrebbe dovuto sorvegliarlo durante le vacanze a Roma, ma anche nelle missioni in Liguria o all'estero, e che, invece, aveva abusato di lui. Don Vito, però, non si è mai presentato in udienza. Sempre presente invece la vittima, con i genitori al suo fianco assieme all'avvocato Carlo Taormina che li ha assistiti nella battaglia giudiziaria. Era stata il pm Silvia Santucci, il magistrato che ha istruito i primi passi dell'inchiesta, a ritenere credibile la denuncia tardiva del ragazzo, che a poco a poco, con gli inquirenti, ha superato il muro della paura e dei sensi di colpa, ed ha raccontato come ha gestito per anni quel segreto che lo opprimeva. «Sono stato prima in silenzio perché troppo piccolo per reagire e poi perché mi diceva che anche quella era espressione dell'amore di Dio ed io non sapevo come uscire dal tunnel».

I GENITORI
Erano proprio i genitori, una coppia di operai, ad accompagnarlo a Roma, contenti di affidarlo a un amico di famiglia, a un uomo di Chiesa e di cultura garantendogli così vacanze sicure e senza spese. Accanto ai momenti di svago in convento c'erano gli abusi.
 
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