Lazio, è allarme idrogeologico: rischi per un cittadino su dieci

Lazio, è allarme idrogeologico: rischi per un cittadino su dieci
di Mauro Evangelisti
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Martedì 6 Novembre 2018, 07:44 - Ultimo aggiornamento: 14:01

Un cittadino su dieci a Roma e nel Lazio abita in quartieri a rischio allagamenti. Si chiama Pai, piano per l'assetto idrogeologico, e fotografa la probabilità di alluvioni di un territorio in caso di precipitazioni intense. Sono mappe che aiutano la Protezione civile a orientarsi, quando c'è l'allarme maltempo, che sono diventate di grande attualità dopo che fango e acqua hanno ucciso 12 persone in Sicilia. E raccontano, per Roma e il Lazio, una situazione di rischio alta alla voce alluvioni che non deve spaventare, ma piuttosto ricordarci che bisogna intervenire in fretta per mettere in sicurezza il territorio. I numeri a volte sono noiosi ma in questo caso raccontano come anche nel Lazio e a Roma le aree a rischio alluvioni siano numerose.
 

 



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NUMERI
In tutta la regione abitano 5,5 milioni di persone, quasi il 10 per cento - per la precisione 483.000 - abita in aree a rischio. In termini di superficie sono 1.506 chilometri quadrati. L'elaborazione è stata realizzata dall'Autorità di distretto dell'Appennino centrale, spiega l'ingegner Carlo Ferranti: «Queste analisi servono anche alla Protezione civile per capire quali siano i territori in cui va prestata maggiore attenzione». Roma e la sua provincia hanno in totale quasi 400mila cittadini che vivono in zone che, in caso di periodi di precipitazioni intense (tra l'altro sempre più frequenti), possono essere soggette ad allagamenti. Limitandoci al bacino del Tevere si tratta di 250mila persone. La classificazione, tra l'altro, di area a rischio a varie gradazioni: parte da R1, la più bassa, fino a salire a R4, dove in caso di forti piogge, possono esserci anche delle vittime. Bene, ci sono almeno 20 chilometri quadrati che si trovano in zona R4, dunque al massimo livello di pericolo, quasi sempre a causa di fossi e canali ostruiti e non puliti, abitazioni costruite abusivamente dove non si doveva, scarsa manutenzione del territorio.
Secondo queste mappe, c'è un elenco di zone considerate a rischio alluvioni anche all'interno del territorio della Capitale. Esempi, confermata anche dagli archivi, dalle calamità che si sono succedute negli ultimi decenni: Ostia Idroscalo è uno di quei territori in cui, come avvenuto di recente, si ipotizza l'evacuazione in caso di forti precipitazioni; lo stesso vale per l'Infernetto (sempre X Municipio, a ovest della Capitale), per Piana del Sole, Rio Galeria, i fossi della Magliana, dell'Acquatraversa, della Cremera, di Prima Porta, di San Vittorino, di Tor Sapienza (via Collatina, via Prenestina, la stessa Tor Bella Monaca). Nell'elenco c'è anche il fosso di Pratolungo, dove c'è l'area industriale di Tiburtina Valley soggetta ad alluvioni ciclicamente, gli ultimi casi nel 2008 e nel 2011. Nella provincia romana sono considerate a rischio l'area di Isola Sacra, dello Scalo di Monterotondo, Castel Nuovo di Porto, Media Valle del Tevere a Capena e Fiano Romano. Nel resto del Lazio in quella lista compresa tra R1 e R4 ci sono zone di Montalto di Castro, Tarquinia, Tuscania, Allumiere, Monte Romano, Cerveteri, Fiumicino.

MANUTENZIONE
Come spiegato anche dal ministro dell'Ambiente, Raffaele Costa, in un'intervista rilasciata al Messaggero, ciò che conta ora è spendere le risorse messe a disposizione per mettere in sicurezza le zone maggiormente a rischio idrogeologico. In particolare, tornando alla Capitale che ogni volta che piove poco più del normale vede le proprie strade allagarsi, ci sono da spendere 50 milioni di euro, che saranno impiegati per la manutenzione di 170 chilometri di canali e fossati tributari del Tevere e dell'Aniene. Si tratta del reticolato di fossati e canali (in totale oltre 700 chilometri), che quando piove, devono assicurare che l'acqua scorra verso i fiumi e verso il mare. Questo nella Capitale non avviene più perché negli anni sono stati ostruiti da rifiuti e vegetazione e dunque l'Autorità di distretto dell'Appennino Centrale ha deciso di concentrare l'uso dei 50 milioni di euro in arrivo dal Ministero dell'Ambiente all'interno del territorio di Roma, proprio per liberare con opere di manutenzione straordinaria questi canali. Resta però un nodo irrisolto: la manutenzione ordinaria che nella Capitale, anche per un conflitto di competenze, è carente.
 

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