Lo sfogo di Foffo in procura: «Resto in carcere a vita, ma anche Prato deve marcire qui»

Lo sfogo di Foffo in procura: «Resto in carcere a vita, ma anche Prato deve marcire qui»
di Adelaide Pierucci
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Venerdì 8 Aprile 2016, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 9 Aprile, 14:07

«Io sono disposto a farmi l'ergastolo, ma anche Prato se lo deve fare. Mi ha istigato e plagiato e vi spiego perché». In nove ore di interrogatorio ieri Manuel Foffo, protagonista insieme all'amico Marco Prato, della mattanza del Collatino ha spiegato come e perché si è ritrovato da un qualsiasi universitario fuori corso a crudele assassino di Luca Varani, un ragazzo di ventitre anni che non aveva mai conosciuto. Un giovane massacrato con trenta colpi di coltello e martello e stordito, per renderlo inoffensivo - come si è scoperto ora dai risultati dell'autopsia - da dosi massicce della droga dello stupro.
 



IL DELIRIO
«Nel delirio della droga ho assecondato la volontà e le devianze di Marco Prato» ha detto Foffo, «Quella notte abbiamo deciso di uccidere. Un pensiero che non mi aveva mai sfiorato prima» si è sfogato in lacrime mentre veniva ascoltato per la quinta in carcere dal sostituto procuratore Francesco Scavo, in presenza del suo legale di fiducia, l'avvocato Michele Andreano. Stavolta l'interrogatorio è stato incentrato tutto sul giorno del delitto, nel suo appartamento, al decimo piano di un palazzo di via Igino Giordani.

«Quando Luca Varani è entrato in casa, ci siamo guardati negli occhi ed è scattato un clic» ha detto Foffo, «Prato ha offerto a quel ragazzo il cocktail corretto e poi gli ha indicato il bagno: "Ti vogliamo pulito, fatti una doccia"». E quando Luca finisce di lavarsi, mezzo nudo, in preda ai conati di vomito per quello che ha bevuto, Prato gli ha detto che per lui era finita: «Abbiamo deciso di ucciderti». «Abbiamo preso coltello e martello. Abbiamo provato anche a strangolarlo. Ma non moriva. Avevo paura» ha raccontato ancora Foffo, «Non è vero che Prato mi ha solo guardato e baciato sulla testa mentre succedeva tutto. Era con me, ha partecipato. Anzi, prima mi aveva plagiato e istigato». «Sono diventato una sua preda da quando ha filmato un nostro contatto a Capodanno, quando ci siamo conosciuti dopo abbiamo assunto coca insieme».

VERSIONI INCONCILIABILI
Versioni inconciliabili. Marco Prato, noto pierre della movida romana, gay dichiarato, nel suo unico interrogatorio aveva fatto tutt'altra ricostruzione. Lui, al contrario, ha sostenuto che l'iniziativa dell'azione omicida e prima ancora dell'idea di uccidere Luca sarebbe stata presa da Foffo, che dopo aver partecipato a dei giochi erotici a tre e cioè con la vittima e con lui sarebbe come impazzito chiedendogli prima di versare un farmaco nel suo bicchiere per stordirlo e per fargli perdere la lucidità e poi, dopo che Luca aveva bevuto tutto ed iniziato a vomitare e a star male, gli avrebbe chiesto di aiutarlo ad ucciderlo perché aveva avvertito improvvisamente una repulsione e un odio insensato gridando «questo stronzo deve morire». Anche Prato nel suo ultimo interrogatorio si è dilungato sulle raccapriccianti modalità del delitto.

 

«NON VOLEVA MORIRE»
«Dimostrava una grande voglia di vivere il ragazzo» ha pure detto Prato. Pur non avendo la forza di reagire Varani, essendo stordito dalla droga dello stupro, e dalle numerose ferite inferte «non moriva». «Respirava sempre». «Così io l'ho coperto che aveva già il coltello nel cuore, ma ancora non era morto...C'ha messo un pochino a morire, anche dopo le coltellate». Il resto lo hanno ricostruito i giudici del Riesame che hanno respinto la scarcerazione di Prato. I due, poi, a mattanza compiuta (dopo che il Foffo aveva fatto la doccia e si era cambiato in quanto aveva molto sangue indosso mentre Prato ne aveva meno) si sono messi dormire per circa un'ora e mezza accanto al cadavere di Varani. Prato ha raccontato la scena ai magistrato parlando di lui al femminile: «Al risveglio, mi sono girata e ho visto che lì c'era Luca. Io allora ho iniziato a dire a Manuel: che cosa abbiamo fatto...».