Auto sulla folla, rom presi, caccia al quarto uomo: tutti i punti da chiarire

Samuele, 19 anni, fratello di Antony che era al volante
di Luca Lippera e Marco De Risi
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Martedì 2 Giugno 2015, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 22:07

Non si sa perché scappassero a quel modo, non si sa chi li abbia coperti per ben cinque giorni, non si sa - e forse non si saprà mai - se ci fosse qualcun'altro a bordo della Lancia “Lybra” con cui hanno seminato sangue, morte e sconcerto a Primavalle. La cattura dei giovani nomadi ricercati per l'incidente di mercoledì scorso via Mattia Battistini - una vittima, otto feriti, pedoni schiacciati come formiche - non cancella neppure uno dei dubbi innescati dalla tragedia.

I due fratelli zingari presi ieri mattina in un terreno agricolo alla Massimina («Dietro un covone di fieno», dice la polizia) si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Cosa per cui non hanno spiegato la cosa più inspiegabile della vicenda: perché sono fuggiti di fronte a un semplice controllo stradale e perché hanno messo in conto un'accusa di omicidio quando potevano cavarsela, al massimo, con una denuncia per guida senza patente?

L'ALTRO PASSEGGERO

Il capo della Squadra Mobile di Roma, Luigi Silipo, in una conferenza stampa in Questura, non ha nascosto che la polizia «sta lavorando per accertare se sulla macchina ci fosse una quarta persona». Bhato Halilovic, padre di uno dei fermati, Samuel, 19 anni, da giorni regala dichiarazioni a tutte le tv che capitano a tiro per dire che il quarto uomo è lui. Ma gli investigatori, «non essendoci riscontri», non gli credono. Madalina H., 17 anni, compagna del minore tra i fratelli, era sulla “Lybra” e la cosa non è in discussione. Quindi il misterioso passeggero, se esiste, era qualcun altro.

La presenza a bordo di un personaggio per ora nell'ombra, magari un ricercato di peso, fornirebbe un movente alla sanguinosa fuga di via Battistini. Come lo fornirebbe l'ipotesi che i giovani trasportassero armi o droga.

LE COPERTURE

Samuel Halilovic e il fratello, tra mercoledì scorso e ieri mattina, sono stati quasi certamente aiutati dal loro mondo. «Non posso parlare in base ad impressioni - ha detto il capo della Squadra Mobile - Non abbiamo riscontri. Esiste anche l'ipotesi che i due in questi giorni non abbiano mangiato». I “pirati”, per la polizia, non si sono mossi da Roma e neppure dal terreno in cui sono stati trovati. Ma i ragazzi, quando sono stati portati in Questura, non sembravano troppo provati: vigore nella camminata, facce rilassate, vestiti in ordine. Una persona che non si nutre per cinque giorni ha ben altra cera. Difficile credere che la madre dei due, e a cascata tutto il clan, non avessero un'idea del nascondiglio. Tanto più che la donna, per farli rintracciare, ha indicato un terreno ben preciso, non un campo tra tanti nella sterminata periferia ovest.

L'AUTO E IL LUOGO

L'auto dell'investimento resta uno dei misteri del caso. La macchina, che non è rubata, è intestata a un pregiudicato campano con presunti legami con la Camorra e non si capisce perché fosse in mano agli Halilovic. Non è chiaro neppure chi veramente la guidasse. L'ipotesi che al volante ci fosse il minorenne, supportata dalla testimonianza di Madalina H., è quella processualmente meno insidiosa.

Il ragazzo, tra sconti di pena e riti abbreviati, potrebbe essere libero in poco tempo. Ma c'è un interrogativo che forse li supera tutti: il terreno dove è avvenuto il fermo. È a tre chilometri dal campo nomadi della Monachina - il campo del clan - e la polizia ha ripetuto per giorni di aver battuto l'area «palmo a palmo». Possibile che nessuno sia andato a dargli uno sguardo?

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