Gioielliere ucciso a Prati, il killer in azione con parrucca nera e occhiali

Gioielliere ucciso a Prati, il killer in azione con parrucca nera e occhiali
di Adelaide Pierucci
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Giovedì 23 Luglio 2015, 06:13 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 13:21

È entrato nell'oreficeria di via Gracchi dandosi l'aria di un uomo intento a fare shopping, stringendo quattro buste, due per mano. Passo lento, camicia bluette a pois bianchi, jeans lunghi, occhiali da sole rossi, parrucchino per nascondere la calvizie. Ha bussato, ma non ha detto neanche buonasera, ha aggredito immediatamente il titolare Giancarlo Nocchia, e dopo averlo ferito a una coscia col coltello, lo ha ucciso sfondandogli la scatola cranica. Poi ha svuotato vetrina e cassetti di oro e gioielli, e con lo stesso passo lento, dodici minuti dopo, è andato via, per non destare sospetti.

Ludovico Caiazza, 33 anni, il rapinatore morto suicida in carcere a poche ore dall'arresto per il colpo nel quartiere Prati nel sangue, aveva cominciato a correre e fuggire solo quando è salito sullo scooter che aveva lasciato nei paraggi della gioielleria e ancora di più quando è tornato a casa e dai tiggì ha saputo che non si era limitato a tramortirlo l'orefice, che lo aveva proprio ammazzato. È allora che in pochi minuti ha preparato la fuga. Si è rimesso alla guida della moto ed è scappato.

LO SCOOTER

Il mezzo è stato ritrovato ieri a un passo dalla stazione Termini dai carabinieri del reparto operativo comandato dal colonnello Lorenzo Sabatino.

E' un'Aprilia 125 intestato alla compagna di Caiazza, una commessa di trent'anni, all'oscuro dell'attività del compagno. Nel bauletto un altro ritrovamento importante per gli investigatori: Caiazza là aveva lasciato gli occhiali da sole con una vistosa montatura rossa.

Un'altra prova finita sul tavolo del sostituto procuratore Francesco Saverio Musolino, il magistrato che ha coordinato l'inchiesta. Le prove schiaccianti che avevano portato alla cattura del giovane le avevano raccolte i carabinieri del Ris nell'oreficeria. Il rapinatore, infatti, non aveva usato guanti lasciando impronte ovunque. E visto che ha precedenti penali risalire a lui non è stato difficile. A complicare la situazione la fuga fuori Roma e l'accortezza del rapinatore di spegnere immediatamente il suo telefonino e anche quello della vittima.

IL METADONE

Caiazza, quando è stato ammanettato dai carabinieri su un treno a Latina, aveva in un borsone i telefonini, il bottino, due pistole, duemila euro e pure dei flaconcini di metadone. ista la situazione di tossicodipendenza al giovane in caserma era stato somministrato del metadone. Somministrazione che però non era stata ripetuta la domenica in carcere. Slittata, per motivi organizzativi, al lunedì mattina. Nella notte tra domenica e lunedì Caiazza si è ucciso. L'autopsia è stata eseguita presso l'istituto di medicina legale de La Sapienza. L'ha disposta il pm Sergio Colaiocco. Nel settimo braccio di Regina Coeli il giovane è rimasto solo venti ore, nonostante fosse stato disposto per lui il regime di grande sorveglianza, con controlli programmati ogni quarto d'ora. Tra un quarto d'ora e l'altro, al settimo minuto è stato trovato impiccato con un lenzuolo.