Roma, omicidio a Prati: il suicidio del killer in 7 minuti

Roma, omicidio a Prati: il suicidio del killer in 7 minuti
di Cristiana Mangani e Adelaide Pierucci
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Martedì 21 Luglio 2015, 05:54 - Ultimo aggiornamento: 18:59

«Mi chiamo Ludovico Caiazza, vivo a Roma da quattro anni, convivo con una donna. Non pensavo di averlo ucciso, è una cosa terribile. Ora chiudete la porta e buttate la chiave». Sono le nove di domenica mattina quando l'uomo incontra la psicologa di Regina Coeli. È disperato, incredulo per quanto è successo. La dottoressa tenta di tranquillizzarlo. Per lei, il caso del nuovo detenuto non è di quelli gravissimi, lo valuta a medio rischio. Gli dà un calmante, lo rimanda in cella, anche se non smette di monitorarlo insieme con un altro collega medico.

La stanza è nella VII sezione, posizionata proprio davanti alla postazione degli agenti penitenziari. Gli viene assegnata “la grande sorveglianza”, un controllo ogni 15 minuti. Viene stabilito anche che il detenuto stia in isolamento: ha avuto precedenti per violenza sessuale, è meglio tenerlo lontano dagli altri carcerati, perché è così che vuole la prassi. Nello stesso giorno, alle 10,15, Caiazza incontra il suo avvocato. Forse è proprio quel dialogo a fargli capire che la pena sarà dura, che la situazione è proprio brutta.

IL CONTROLLO

La disperazione si fa strada con il passare delle ore, l'astinenza dalla droga rende tutto più pesante.

Durante il giorno non gli è stato ancora somministrato il metadone. E i pensieri si fanno bruttissimi. Poco prima delle 22,30 uno degli agenti effettua il controllo, e firma regolarmente il verbale: tutto sembra a posto. In realtà Caiazza sta già preparando la sua morte. Taglia il lenzuolo, lo attacca alle sbarre della finestra e si uccide. Alle 22,45 viene fatta la terribile scoperta. L'agente di controllo nella sezione entra nella cella, il giovane è ancora vivo, prova a rianimarlo insieme con il collega addetto alla rotonda, chiamano l'ambulanza che arriva in sette minuti. Ma non c'è niente da fare: viene dichiarata la morte alle 23,25. Si è ucciso tra un controllo e un altro, in un brevissimo lasso di tempo, «sette minuti», diranno i poliziotti penitenziari. Una esecuzione rapidissima che doveva essere stata pensata e preparata durante tutta la giornata.

LE POLEMICHE

Scoppiano le polemiche: perché non gli è stato dato un controllo più rigido? Come mai non è stato guardato a vista? Era agitato, preoccupato, chi ha sottovalutato il problema? In quella sezione, domenica scorsa c'erano 109 detenuti e quattro persone di controllo: due agenti e due ufficiali, gli ultimi due stavano negli uffici. «È un grande dispiacere per noi quello che è successo - spiega la direttrice di Regina Coeli Silvana Sergi - ma credo che non ci si possa contestare niente. Il nostro lavoro è stato fatto bene».

Intanto la procura ha aperto un'inchiesta e un'indagine interna, per accertare se ci siano state negligenze, è stata disposta anche dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. «Si trattava di fare una scelta sulla base delle prime informazioni - dichiara il capo del Dap, Santi Consolo - E dalle prime notizie trapelate, Ludovico Caiazza aveva precedenti per violenza sessuale e aveva una situazione personale di forte disagio. Per questo, per tutelarlo, non era stato messo a contatto con altri detenuti. Abbiamo avviato accertamenti per ricostruire la dinamica dei fatti, come è prassi in questi casi. Da ieri notte sono in costante e diretto contatto per acquisire informazioni su quanto accaduto. Gestire in carcere persone che manifestano un forte disagio individuale, come in questo caso, reso ancor più forte dal fatto che il soggetto era accusato di fatti gravissimi, non è semplice. La polizia penitenziaria svolge un compito delicatissimo. È vero che la compresenza di altri detenuti può aiutare a prevenire una situazione come quella che si è verificata. Ma nel caso specifico ha prevalso, in prima istanza e in attesa di più precisi riscontri, la necessità di tutelare il detenuto. Per sua tutela, si è scelto di lasciarlo in cella da solo».

Questa mattina, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, incontrerà il capo del Dap «per chiarimenti sulle dinamiche della vicenda e per fare delle valutazioni più precise». Mentre a piazzale Clodio il fascicolo aperto dal procuratore Giuseppe Pignatone è stato affidato al pm Sergio Colaiocco che, insieme con il pm Francesco Musolino titolare dell'inchiesta sul delitto, ha chiesto ai carabinieri del Reparto operativo, di fare chiarezza anche su questa nuova tragedia. Nel pomeriggio di ieri, poi, il Ris ha effettuato dei sopralluoghi nella cella e questa mattina si svolgerà l'autopsia. Si vuole escludere ogni possibile stranezza o anomalia, chiarire ogni dubbio. Nelle prossime ore i pm sentiranno i due agenti penitenziari e la psicologa: uno degli ufficiali è già stato sentito e ha confermato la ricostruzione ufficiale.

IL SINDACATO

«L'agente di servizio ha fatto di tutto per salvargli la vita - spiega Donato Capece, segretario generale del sindacato della Polizia penitenziaria, il Sappe - Se la carenza di organico non affliggesse anche Regina Coeli, forse ci sarebbero meno morti. Purtroppo succede spesso che gli indagati si rendano conto della gravità di quello che hanno fatto solo quando arrivano in carcere. Per questo abbiamo chiesto più volte di dotare di lenzuola di carta “i nuovi giunti”. Noi come polizia penitenziaria interveniamo con l'obiettivo di salvare tutti, anche il peggior delinquente, ma la situazione nelle carceri italiane resta ad alta tensione, nonostante talune rassicuranti dichiarazioni che non sono conformi alla realtà».