Roma, carte d'identità fasulle, indagine sul buco all'Anagrafe: è caccia a 500 rom con documenti falsi

Roma, carte d'identità fasulle, indagine sul buco all'Anagrafe: è caccia a 500 rom con documenti falsi
di Lorenzo De Cicco
3 Minuti di Lettura
Sabato 9 Dicembre 2017, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 10 Dicembre, 00:06
Una bolla di documenti fasulli che si è gonfiata anno dopo anno. Ora la magistratura ha chiesto al Campidoglio di farla scoppiare. Dentro ci sono almeno 500 carte d'identità farlocche ma formalmente inoppugnabili e potrebbero essere molte di più - intestate a rom serbi e macedoni.
Una vicenda che, dall'inizio del 2016 a oggi, è costata il posto a quattro dipendenti comunali, perché nei documenti ufficiali hanno attribuito la cittadinanza italiana a chi non ne aveva alcun diritto. Tutti gli attestati ora vanno rintracciati e invalidati. Scovarli non sarà facile, tocca addentrarsi in un dedalo di parentele e relazioni famigliari, un labirinto genealogico di figli, nipoti, mariti, mogli e conviventi che hanno sfruttato, consapevoli o ignari, le identità fraudolente comprate a suon di mazzette dai parenti.
Gli uffici dell'Anagrafe centrale di Roma Capitale si sono già messi in moto, in sordina, sul finire dell'estate, quando a Palazzo Senatorio è arrivata una sentenza della Corte di Cassazione, depositata il primo agosto, con cui è terminata una vicenda processuale germogliata nei primi anni Duemila. Venne fuori un complesso sistema di corruzione legato al rilascio della cittadinanza italiana a stranieri senza titoli, una anagrafe parallela, la chiamarono gli inquirenti, che conciliava gli interessi di un manipolo di funzionari comunali e vigili infedeli con quelli degli esponenti di alcune famiglie rom provenienti dai Balcani diventate stabili nella Capitale. Gente che aveva bisogno di essere regolarizzata o di rifarsi una verginità a livello giudiziario, c'è chi arrivò perfino a scippare nome e cognome a cittadini italiani inconsapevoli, attraverso documenti clonati.

PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI
Le indagini, all'epoca, svelarono un vero e proprio prezzario delle tangenti: 25mila euro per la cittadinanza italiana, 2mila euro per una carta d'identità, 1.500 euro per chi chiedeva solo la residenza (in cinquanta dichiararono di abitare in un vecchio magazzino abbandonato nel cuore di Testaccio). I pm calcolarono un volume d'affari di almeno 2 milioni e mezzo di euro.
Mazzette che hanno avuto conseguenze, non solo a livello penale. Quattro dipendenti comunali, di vari uffici, sono stati licenziati, tutti dall'inizio del 2016 subito dopo la sentenza della Corte d'Appello fino al settembre scorso, quando è stato formalmente messo alla porta l'ultimo funzionario, già allontanato da tempo dall'Anagrafe di via Petroselli, che aveva provato a trascinare la vicenda fino in Cassazione.

LA RETE
I togati del Palazzaccio hanno bocciato anche l'ultimo ricorso. Ma il difficile viene ora. Perché chiusa l'articolata fase giudiziaria, si apre una caccia amministrativa dagli esiti imprevedibili. Al netto delle assoluzioni, le sentenze degli ultimi anni hanno accertato che almeno una cinquantina di stranieri hanno ottenuto illegalmente la carta d'identità con la cittadinanza italiana.
Il sospetto a cui dovranno dare risposta gli uffici del Comune è che da questi documenti ne siano germogliati altri. Finiti in mano a figli, conviventi e famigliari che avrebbero sfruttato il legame di parentela per ottenere a loro volta la cittadinanza italiana e moltiplicare i certificati illegali. Da cinquanta, secondo le prime stime, potrebbero essere diventati almeno cinquecento. Un'emorragia che può propagarsi ulteriormente, se non viene fermata. Certo è che sia la magistratura sia il Campidoglio, che alle indagini ha fornito massima collaborazione, sono determinati a portare a termine il compito. Fino a quando, cioè, tutti gli atti saranno individuati e infine distrutti.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA