COSA CONTIENE
Senza l’intervento del Governo, riassunto nel decreto, difficilmente Roma sarebbe riuscita a chiudere il bilancio 2013 e con altrettanta difficoltà riuscirebbe a chiudere quello del 2014, tenendo conto degli squilibri rispettivamente di 860 milioni e 1,2 miliardi. «Ma non ci sono regali per Roma», premette Marco Causi, deputato Pd e membro della commissione Finanze. Allora andiamo per ordine a rivedere il testo finale del provvedimento. La parte più importante è quella che consente un travaso di risorse tra la gestione commissariale e la gestione corrente. Cos’è la gestione commissariale? Dal 2008 c’è un commissario che segue la copertura del debito (circa 12 miliardi di euro) che il Comune di Roma aveva maturato in precedenza. Per ripianare quel debito Roma versa 500 milioni all’anno (una parte dell’Irpef, lo 0,4, va a quello scopo). Bene, grazie al Salva Roma, la Capitale recupera dalla gestione commissariale 600 milioni che spalma sui bilanci del 2013 e del 2014. Ossigeno di cui le casse del Comune non possono fare a meno. Causi: «Questo travaso tra gestione straordinaria e gestione di bilancio avviene a costo zero per la finanza pubblica. Nessun favore a Roma». Il Salva Roma prevede anche che il Comune presenti al Ministero dell’Economia un piano triennale di rientro.
IL NODO TASSE
Per evitare che ogni anno la Capitale torni a fare scattare l’allarme rosso sui conti, la giunta Marino dovrà portare, entro 60 giorni, un’analisi dello squilibrio di bilancio, che spieghi come si è creato. Su base triennale deve spiegare cosa intende fare per superare l’emergenza. Successivamente all’esame del piano di rientro, il Governo reintrodurrà l’innalzamento dell’Irpef, cancellato in commissione dal Salva Roma. E Marino senza tagli e vendita del patrimonio sarà costretto ad aumentare le tasse.
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