Sigilli al ristorante di De Pedis, fratello del boss della Banda della Magliana: non pagava l'affitto al Comune da 10 anni

Sigilli al ristorante di De Pedis, fratello del boss della Banda della Magliana: non pagava l'affitto al Comune da 10 anni
di Alessia Marani
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Lunedì 13 Agosto 2018, 08:19 - Ultimo aggiornamento: 15:13
Sigilli nel cuore di Trastevere al San Michele, ristorante gestito da Luciano De Pedis, il fratello maggiore del defunto boss della Banda della Magliana, Enrico detto Renatino, il dandy. I tavoli, le cucine e la grande veranda che affacciavano sul lungotevere Ripa occupavano i locali comunali del Complesso monumentale San Michele, antico ricovero per fanciulli e oggi gioiello del patrimonio storico-artistico della Città eterna per cui, però, l'imprenditore da anni non versava il giusto affitto nelle casse del Campidoglio. Nel 2008 il San Michele ricevette un primo ordine di chiusura per morosità dal Comune contro cui, però, si oppose presentando un ricorso al Tar del Lazio ottenendo una sospensione. Il provvedimento, tuttavia, non è stato più portato avanti con atti amministrativi davanti ai magistrati nell'ultimo anno, tanto che di recente il Tribunale ha dichiarato il ricorso «perento», ossia estinto. Dando modo così al I Municipio, quello del Centro storico capitolino, di emettere la nuova ordinanza di chiusura che i vigili urbani del I Gruppo Trevi hanno eseguito nella serata di sabato.

I sigilli, dunque, arrivano dopo ben dieci anni dal primo ordine di sfratto e dopo che per lungo tempo le casse comunali hanno subito un danno erariale. L'ennesimo nell'ambito dello scandalo affitti che ha visto per anni il patrimonio immobiliare pubblico romano svenduto o dato in locazione per una manciata di euro anche in zone di pregio, senza controlli. «Sabato sera sono state eseguite anche altre ordinanze nei confronti di altre attività per il ripristino della legalità in Centro e continueremo su questa strada», afferma Tatiana Campioni, assessore alle Politiche del Commercio e dell'Artigianato del I Municipio.

AMICI E PARENTI
Luciano De Pedis acquistò il San Michele in precedenza gestito da Giuseppe De Tomasi, detto Sergione, un tempo molto amico del fratello e padre di Carlo Alberto, che fu indiziato di avere fatto nel 2005 la telefonata a Chi l'ha Visto? che indicò il luogo della sepoltura dell'ex boss morto ammazzato in via del Pellegrino: la Basilica di Sant'Apollinare. Un vizio di famiglia, per gli inquirenti, il telefono per i De Tomaso: una perizia fonica individuò in lui il Mario che chiamò la famiglia di Emanuela Orlandi il 28 giugno del 1983. Circostanze smentite dai due. Sergione aveva conquistato la fiducia della banda, in particolare dei Testaccini legati a Franco Giuseppuci, detto Er Negro e a De Pedis. Fu lui a organizzare il rinfresco per il matrimonio di Renatino con Carla Di Giovanni, ex impiegata modello ora in pensione all'Ater, l'azienda territoriale per l'edilizia residenziale, come lo era stato anche il papà all'ex Iacp l'istituto per le case popolari. L'ultimo report nelle mani della Commissione Patrimonio in Campidoglio riporta dati allarmanti: il 90 per centro delle case popolari gestite dal Comune di Roma ha inquilini irregolari. E ora il Comune è pronto a far partire una nuova indagine su poco meno di 1800 locali comunali. A occuparsene saranno gli esperti della partecipata Risorse per Roma. Il cronoprogramma prevede controlli su circa 800 immobili del cosiddetto Patrimonio disponibile di Roma Capitale, soprattutto appartamenti, su 600 locali dati in concessione ad associazioni e altri 400 su edifici che devono, addirittura, essere ancora censiti al catasto urbano.

LE ILLEGALITÀ
Sabato sera gli agenti della Polizia locale hanno decretato la cessazione dell'attività anche per una panineria-bisteccheria in Corso Vittorio Emanuele II privo di autorizzazioni. Era, infatti, abilitato esclusivamente come laboratorio mentre effettuava, invece, somministrazione di cibi e bevande in forma abusiva. Nel panorama di illegalità diffusa all'ombra del Cupolone, un sono state contestate sanzioni per migliaia di euro a una sedicente galleria d'arte nei pressi di Fontana di Trevi trasformata sic et simpliciter in un bar con tanto di sedie e tavolini. Di artistico, all'interno, c'erano solamente quattro quadri alle pareti.
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