Pasolini, «dietro l'omicidio il furto di un suo film». La pista della banda della Magliana

Conclusi i lavori della commissione Antimafia: «Pelosi usato come esca»

Pasolini, «dietro l'omicidio il furto di un suo film». La pista della banda della Magliana
di Michela Allegri
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Sabato 17 Dicembre 2022, 06:25

Il furto delle pellicole che contenevano spezzoni del suo ultimo film, un appuntamento in piena notte all'Idroscalo di Ostia che si è rivelato una trappola e, soprattutto, il coinvolgimento della banda della Magliana. Una nuova pista riapre il caso della morte di Pierpaolo Pasolini, ucciso dietro le baracche dell'Idroscalo nel novembre del 1975: un omicidio che non sarebbe legato agli incontri clandestini con i suoi Ragazzi di vita, come sostenuto nelle precedenti indagini e nelle sentenze, ma al tentativo di recuperare le pellicole rubate contenenti le ultime scene di Salò o le 120 giornate di Sodoma, film che aveva appena girato. L'ipotesi alternativa sulla fine del registra e scrittore romano emerge dalla relazione finale della Commissione parlamentare Antimafia della precedente legislatura. Il furto sarebbe stato organizzato da gruppi malavitosi di rilievo e, forse, anche da gruppi neofascisti.

LA SENTENZA

Per l'omicidio Pasolini è stato condannato in via definitiva solo Pino Pelosi, detto La Rana, morto nel 2017, all'epoca del delitto diciassettenne e che aveva una relazione con lo scrittore. Il 5 novembre 1975 Pelosi, interrogato, aveva detto di essere stato avvicinato da Pasolini alla Stazione Termini e di essere andato insieme a lui all'Idroscalo, dove l'incontro sarebbe degenerato, sfociando in una feroce colluttazione. Dopo la condanna definitiva a 9 anni e 7 mesi, quella versione venne ritrattata più volte. Nel 2005, sottolinea la Commissione, Pelosi aveva parlato ai magistrati del film trafugato: aveva detto di essersi proposto come mediatore per fare riavere le pellicole rubate al regista.

Un'ammissione che riaccende i riflettori sull'omicidio, di cui, «in sostanza, a parte la presenza di Pino Pelosi come esca, non sono mai stati scoperti i responsabili», scrive la Commissione.

Le indagini si sono concentrate sulle pizze di pellicole sottratte da un capannone a Cinecittà nel ferragosto del 75. L'omicidio è del 2 novembre dello stesso anno. Nella relazione viene sottolineato che ci sono state inchieste di giornalismo investigativo che hanno «definitivamente sgretolato l'iniziale ipotesi, purtroppo allora sostenuta dai mezzi di comunicazione e da alcune pronunce giurisdizionali, secondo cui l'assassinio dello scrittore sarebbe stato solo il tragico esito di un incontro sessuale sfociato estemporaneamente in una aggressione da parte di un unico individuo e cioè Pino Pelosi». L'Antimafia parla di «omissioni particolarmente gravi» negli accertamenti immediati, come «la mancata audizione dei testimoni che abitavano nelle baracche della zona e che avevano udito quanto avvenuto quella notte, e che avrebbero sin dal principio dato conto dell'evidenza che l'aggressione fu condotta da numerose persone», oppure «la mancanza, dopo l'omesso confinamento della zona dove il delitto era avvenuto, di approfondite perizie sulle gravi ferite riportate da Pasolini». Si parla anche di «evidenti collegamenti con il mondo della criminalità organizzata romana dell'epoca».

 

LE DICHIARAZIONI

Una pista presa in considerazione dopo le dichiarazioni di Maurizio Abbatino, uno dei componenti della Banda della Magliana, poi diventato collaboratore di giustizia. Lo scorso febbraio ha rivelato di «aver preso parte, da giovanissimo, ad un furto di pellicole cinematografiche che era stato commissionato da tale Franco Conte, proprietario di una bisca». Ascoltata anche la giornalista Simona Zecchi, autrice di un libro-inchiesta sul poeta. Nicola Longo, ex poliziotto poi in servizio presso il Sismi, le avrebbe raccontato di aver avuto un ruolo importante nel recupero del materiale rubato: «Si trattò di un furto che sarebbe stato all'origine dell'incontro notturno all'Idroscalo. Pasolini si riprometteva di poter recuperare la pellicola originale che comprendeva alcune scene del film, che altrimenti sarebbero risultate irrimediabilmente perdute», scrive la Commissione. Longo sarebbe entrato «in contatto con un grosso personaggio della malavita prossimo alla banda della Magliana, che si era reso disponibile a far recuperare gli originali del girato portando, come prova dell'effettivo possesso delle pellicole, un frammento del film». Le pizze erano poi state recuperate sotto un tombino ed erano state riposte in un armadio blindato in un capannone di Cinecittà. «Ci sono tanti punti che scagionano Pelosi sostiene l'avvocato Alessandro Olivieri, legale di Pino la Rana avevamo segnalato in passato il furto delle pellicole e il fatto che Pelosi si fosse proposto come mediatore. Conosceva gli autori del furto: i fratelli Franco e Giuseppe Borsellino che abitavano nel suo quartiere. Aveva detto che dietro il furto c'era un regista. Non sappiamo se le sue dichiarazioni siano state prese in considerazione».

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