Tassista stuprata, dai picchiatori del ring al cagnolino: la doppia identità social di Simone

Tassista stuprata, dai picchiatori del ring al cagnolino: la doppia identità social di Simone
di Valeria Arnaldi e Maria Lombardi
4 Minuti di Lettura
Martedì 12 Maggio 2015, 06:14 - Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 15:35

Simone calmo e violento, Simone tenero e duro, affidabile e furbo, sempre in bilico sulle sue ombre. Racconta di un «raptus» con una tranquillità sorprendente come se parlasse di una serata tra amici, nessuna ansia nella voce e nessuna emozione a spezzare le frasi. Dice lucidamente «non so cosa mi ha preso» e ripercorre nei dettagli dove l'ha portato quel vuoto di coscienza. Il buio resta sullo sfondo, i fatti sono questi e Simone Borgese, il trentenne che ha confessato di aver violentato e rapinato una tassista di 43 anni, li elenca con precisione senza mai alzare il tono. E non è semplice per chi l'ascolta farsi un'idea di questo giovane uomo che pacatamente riferisce di quanto è stato malvagio e se ne pente. I due volti di Simone. Sorride intenerito con un cagnolino in mano, sulle foto pubblicate sul profilo Facebook chiuso ieri mattina per i tanti insulti, ma i suoi idoli sono violenti, i combattenti sul ring. Appare «remissivo», fin troppo, salvo poi comportarsi da bullo ultimamente, prende i taxi senza pagare, ha rubato in un autogrill, fino alla violenza dell'altra mattina.

IL LAVORO

Chi è davvero questo papà con una vita un po' precaria, da inventare di giorno in giorno? Un cameriere sorridente, puntuale e molto professionale, così ne parlano alcuni colleghi.

Un tipo di cui non fidarsi che sta sempre lì a chiedere soldi, per la titolare di un locale che gli ha dato lavoro. A vederlo in posa nei selfie, con la bocca chiusa che manda baci e il cappellino di traverso, sembra un adolescente giocherellone, uno che ha voglia di divertirsi. Poi però, a ripercorrere la sua vita, qualche guaio viene fuori, anche una denuncia per minacce presentata dall'ex compagno della madre.

LA SEPARAZIONE

La passione per la Roma e per i film comici, Totò Verdone e Sordi, le Iene e Dawsons Creek i suoi programmi preferiti. Nel 2012 aveva partecipato al programma di Paolo Bonolis «Avanti un altro» come ospite, con tanto di foto sui social. Molto sport, calcio tennis e basket. La sua vita segnata dalla separazione, ne aveva sofferto molto, e adesso era costretto a vivere con i nonni a Piana del Sole, nella stessa zona dove ha stuprato la tassista. «Un dolore immenso, non riusciamo a spiegarci quello che è successo, siamo sconvolti», si dispera il nonno. C'è l'amore per la figlia di 7 anni a farlo andare avanti ma i soldi sono sempre pochi.

«Tranquillo, solare sempre positivo e molto professionale. Un bravo ragazzo, quando l'abbiamo saputo non potevamo crederci», i colleghi del bar a Prati dove Simone ha lavorato come cameriere fino a qualche giorno fa sono rimasti di sasso. Eppure qualche volta ha provato a fare il furbetto, «chiedeva spesso anticipi sullo stipendio. Una volta ha detto che era per il funerale del padre», una scusa ovvio, anche la titolare del locale l'aveva capito. Nessun contratto, cameriere a chiamata. Soldi pochissimi e così tirava a campare. I tassisti li aveva presi di mira da un po', negli ultimi mesi per ben tre volte era salito senza avere un euro e una volta arrivati a destinazione non aveva pagato. All'ultimo conducente aveva lasciato il numero di cellulare con la promessa che si sarebbe fatto vivo per saldare, il passo falso che l'ha inchiodato. Aveva rubato alla cassa di un autogrill, le telecamere l'avevano ripreso e quella foto è poi servita per un primo riconoscimento. Eccolo in una sequenza di selfie: mentre manda bacetti con l'accappatoio bianco addosso o sta in posa con le cuffiette e gli occhiali da sole, assorto nella guida. Ancora con la figlia in braccio e tante frasi d'amore. Un papà piuttosto infantile, un uomo ancora poco cresciuto che non ha imbarazzo a mostrare il suo lato tenero e allunga la mano in una foto per offrire una caramella.

LE FRASI

E poi però viene fuori il duro, «A me i piedi in testa non li mette nessuno», scrive. «Leggo pochissimo», confessa, «affronta chi ti sfida, ignora chi non ti pensa». E chissà a cosa lo porta a sentenziare «quando il mio corpo sarà cenere il mio nome sarà leggenda». E ancora: «Il giudizio degli altri non deve condizionarti la vita». Forse deluso, «la falsità di alcune persone si sente anche quando stanno zitte».

Girava quasi sempre in autobus, non poteva permettersi altro. E lui stesso, ha detto in questura, non si spiega perché venerdì mattina ha alzato il braccio per fermare quel taxi. Non poteva certo pagare una corsa così lunga, dall'Aurelia fino a Ponte Galeria. Quel che è successo l'ha raccontato l'altra notte, con calma.