Ancora ostaggi del Supremo che continua a incassare ogni giorno dalla Capitale circa 270 mila euro. La gestione dei rifiuti a Roma è un meccanismo fragilissimo che si può fermare da un momento all’altro, come si è visto a Natale e Capodanno con la spazzatura abbandonata per strada e il famoso maiale che ha guadagnato la fama nazionale. Ma c’è di più: il 70 per cento del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti indifferenziati dipende ancora da Manlio Cerroni, dal proprietario di un impero che per decenni, anche grazie alla linea diretta con i politici, ha costruito un monopolio.
Duemila Certo, il 70 per cento è meno del passato quando tutti i rifiuti romani, anche 4.000 tonnellate al giorno, finivano nel calderone avvelenato di Malagrotta. Ma anche ora che Cerroni è agli arresti domiciliari, ogni giorno almeno 1.500 tonnellate di rifiuti arrivano nei due Tmb di Colari, a Malagrotta.
Spada di Damocle Altro rischio: se il Supremo bloccasse il meccanismo, se decidesse una sorta di muoia Sansone con tutti i Filistei, Roma sarebbe davvero nei guai. E avrebbe i rifiuti per strada. Per questo il Campidoglio sta insistendo con il Ministero dell’Ambiente per il commissariamento: serve qualcuno che abbia l’autorità per imporre agli impianti di Cerroni di funzionare a pieno regime. Ma per il nuovo presidente e ad di Ama, Daniele Fortini, c’è un’altra enorme incognita: il trasporto dei rifiuti che passano dagli impianti dell’Ama in altre regioni. Anche in questo caso Roma è sempre sull’orlo del burrone: si è visto a Natale e Capodanno quando gli impianti del nord (in Romagna e in Piemonte) chiusero nei giorni festivi e potrebbe risuccedere, ad esempio, se i camion dovessero fermarsi per il maltempo. Di più: l’appalto che ha assegnato a due imprese il trasporto dei rifiuti gestiti da Ama al nord scade venerdì prossimo.
Salvati dal nord Il nuovo appalto, definitivo, che vale 30 milioni di euro all’anno, ancora non è stato assegnato perché una delle cinque aziende partecipanti ha presentato ricorso al Tar. «Prorogheremo di qualche settimana l’appalto in corso» promette l’assessore all’Ambiente, Estella Marino. Ma è un sistema con troppe incognite per reggere. E come ricordò il dirigente nazionale dei Radicali, Massimiliano Iervolino, stando al piano finanziario di Ama, a causa della chiusura di Malagrotta (ottobre 2013) sono stati spesi 38 milioni di euro in più rispetto al 2012. Il conto è destinato a salire. Chiudere Malagrotta, dopo troppe proroghe, è stato sacrosanto, ma Roma non ha trovato alternative e non ha una discarica. «Vero - ribatte l’assessore Marino - e stiamo lavorando per trovare la discarica definitiva. Ma il trasporto in altre regioni ci aiuta a farlo senza la pressione dell’emergenza. Con la differenziata che aumenta, sarà ridotto il ruolo della futura discarica».
E qui all’altro grande ritardo di Roma, su cui ha giocato, complice la politica, il Supremo, perché a lui conveniva molto di più che i rifiuti andassero direttamente a Malagrotta. Altro che differenziata.
Differenziata Per il 31 dicembre 2013 l’obiettivo era il 40 per cento. L’ultimo dato disponibile dice che siamo al 38. Non solo: la nuova differenziata raggiunge solo 4 cittadini su 10. E il programma di estensione per il 2014 rimanda a dopo l’estate il coinvolgimento di nuovi municipi (IV, all’VIII, al X, al XII e al XIV). «Forse non ci si rende conto - ribatte l’assessore Marino - quanto sia complicato incrementare di dieci punti la differenziata in una città come Roma, è un ottimo risultato». Il problema poi è che il sistema ha accumulato negli anni, a causa di un’eccesso di soggezione al Supremo, una tale dose di follia, che anche l’incremento della differenziata sbatte con la carenza di impianti: la parte umida va anch’essa al nord (e Roma paga) perché nella Capitale non c’è un impianto di compostaggio.
L’autorità Per chiudere questo quadro fosco basterebbe ricordare cosa scrisse a settembre, Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante per la concorrenza, parlando delle criticità della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nel Lazio «idonee a generare delle inefficienze che si riflettono sia sullo sviluppo di filiere concorrenziali nelle fasi del recupero e della valorizzazione dei rifiuti, sia, in ultima analisi, sugli oneri per il servizio a carico dei cittadini». Chiese di passare «da un sistema che incentiva il conferimento dei rifiuti in discarica a un assetto che privilegi raccolta differenziata e inceneritori». Fabrizio Santori, consigliere regionale di opposizione: «La Regione non si è mossa rispetto a queste osservazioni. E quanto accaduto con Cerroni sta dando ragione all’Antitrust».