Caso Marino, il Pd prepara la contromossa: se ci ripensa è fuori dal partito

Caso Marino, il Pd prepara la contromossa: se ci ripensa è fuori dal partito
di Marco Conti
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Domenica 25 Ottobre 2015, 03:47 - Ultimo aggiornamento: 13:14
Qualche migliaio di supporter oggi in piazza del Campidoglio, mentre oltre l'80 per cento di coloro che due anni fa hanno votato Marino sarebbero pronti - sondaggio alla mano - a votare altrove. Lo psicotico braccio di ferro di Ignazio Marino con Roma e il Pd, prosegue mentre si avvicina il 2 novembre giorno nel quale le dimissioni del sindaco dovrebbero diventare definitive.



PAZIENZA

In piedi sui sacchi di sabbia il Marziano continua invece a combattere una «personalissima» battaglia, come la definiscono al Nazareno. Ogni ponte tra il partito che lo ha candidato e poi eletto è ormai interrotto. Persino Marco Causi, assessore dimissionario al Bilancio, ha perso la pazienza. Il temporeggiare di Marino non scuote più di tanto il Pd che attribuisce pochissima importanza alla manifestazione di oggi in Campidoglio perché «rischia di raccogliere più un fronte anti-Renzi che pro-Marino».

A difesa del sindaco anche la schiera dei ”tengo famiglia” corposa e trasversale. Andare a casa solo dopo due anni da consigliere, con la prospettiva di non riuscire più a tornare in Campidoglio, fa oscillare Sel, spinge i Radicali a barricarsi con Marino e interroga il variegato gruppone di centrodestra che ha ancora poche certezze dal candidato Marchini. Il tormentone non interessa palazzo Chigi. Renzi, da tre giorni in Sud America, considera la questione chiusa e attende la scadenza dei venti giorni nella convinzione che alla fine Marino non ritirerà le dimissioni. «Si è dimesso, ora il Giubileo e poi le elezioni», è il lapidario de profundis che il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini ha recitato ieri pomeriggio. ”The end”, è scritto sulla porta del Nazareno mentre il diretto interessato pencola e, strattonato dalla pattuglia dei fedelissimi, è alla ricerca di una resa politica sul campo.

«Prima incassiamo le dimissioni e poi si discute, ammesso ci sia da discutere qualcosa», sostiene un renzianissimo deputato che guarda alla manifestazione di oggi in Campidoglio con più di un sospetto. Qualunque sia il prezzo politico che dovrà pagare per l'uscita di Marino, Renzi è disposto a corrisponderlo pur di levare dalla scena il Marziano. Anche perché la quota maggiore di quel prezzo il segretario del Pd è pronto ad imputarla non solo a chi ha a suo tempo voluto Marino ma anche a quella parte del Pd romano che continua a sostenerlo. Magari scendendo oggi in piazza al suo fianco. Paradossalmente più l'uscita di Marino dal Campidoglio sarà tormentata e più Renzi è convinto di avere carta bianca per azzerare ciò che resta del Pd romano. Ad imbracciare il ”lanciafiamme” è Matteo Orfini che, forte del sostegno della direzione del partito, è divenuto - dopo il flop della fase-due di Marino” - il più fedele interprete della linea del ”non dialogo” indicata da palazzo Chigi e che in buona sostanza prelude ad una sostanziale messa alla porta dal Pd dello stesso Marino che così darà tagliato fuori anche dalle primarie. Dopo l'esperienza fatta in Liguria, Roma diventa quindi per il Pd a trazione renziana un laboratorio dove far venir fuori, e grazie anche al Giubileo, una nuova classe politica che azzeri l'inconcludenza della precedente. Allo stucchevole balletto delle dimissioni, che offrono il senso del vuoto in grado di allontanare gli elettori e spalancare le porte all'antipolitica grillina, Renzi ha messo in mezzo migliaia di chilometri. La speranza del premier è che, al rientro dal Sud America, la telenovela si sia conclusa e che Marino permetta ad un commissario di amministrare la città prima del voto.