Pensava di averla fatta franca. Davanti al giudice aveva fornito un alibi "perfetto". Mentre il pm gli contestava la rapina al tabaccaio di via Indro Montanelli, a Torresina, avvenuta il 30 giugno scorso, in cui erano stati sottratti trentamila euro al titolare che per difendersi esplose anche due colpi di pistola, lui replicò che non era possibile, perché in quelle ore «ero uscito con la mia convivente, l'ho accompagnata in clinica, poi siamo stati a pagare delle bollette...». E l'arresto non fu convalidato.
I SOSPETTI
Eppure i poliziotti della Squadra Mobile e del Distretto di Primavalle erano arrivati subito a lui, D. M., 47 anni, vecchia conoscenza, che si era finto - spalleggiato da un complice ancora sconosciuto - un carabiniere in borghese per effettuare il raid: nella sua abitazione nei lotti di Primavalle gli investigatori trovarono persino i 30mila euro più altri 20mila di dubbia provenienza, tutti in banconote da 50 e suddivisi in 5 mazzi sottovuoto, oltre a un tesserino dell'Arma dei carabinieri palesemente falso ma inserito in un portatessere di quelli comunemente in uso a polizia e carabinieri. Ma tutto ciò non bastò a spedirlo in carcere, forte del suo alibi.
Il pm, però, fece ricorso contro la decisione, chiese un supplemento di indagini e gli investigatori nelle settimane successive hanno raccolto nuove prove finché, a carico del 47enne il gip, l'altro giorno, il tribunale non ha emesso una misura di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti.
ALLARME SOCIALE
La rapina, all'epoca, destò molto clamore e allarme sociale perché avvenne a soli due giorni dal brutale assassinio di Michelle Causio, la 17enne di Primavalle uccisa e abbandonata su un carrello vicino ai cassonetti da un suo coetaneo.
Alle 8.50 di quel venerdì 30 giugno, mentre Roma era svuotata per il ponte dei Santi Pietro e Paolo e inorridiva di fronte alle notizie che via via arrivavano sulla morte di Michelle, il tabaccaio appena uscito dal negozio con l'incasso della settimana da depositare in banca, fu avvicinato da due uomini che, con i caschi aperti in volto, qualificandosi come appartenenti alle forze dell'ordine delle squadre anti-rapina in borghese, lo minacciarono con una pistola per strappargli i soldi.
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La "latitanza" di D. M. (che ha precedenti per rapina, furto, ricettazione e resistenza) durò poco perché venne rintracciato dopo nemmeno 36 ore. Indagato, se la cavò, appunto, fornendo l'alibi che, tuttavia, a ben vedere non era così perfetto. Gli inquirenti notano, infatti, delle contraddizioni. Prima il 47enne spiega che era uscito in motorino, poi dice che era con il cane. Insomma, qualcosa non filava. I poliziotti hanno passato in rassegna tutte le immagini girate dai sistemi di videosorveglianza pubblici e privati posizionati lungo l'itinerario descritto nell'alibi verificando che quelle commissioni, in realtà, la compagna era andata a farle da sola. Gli indizi a carico del rapinatore di Primavalle, insomma, divengono consistenti. E adesso dovrà rispondere di rapina, lesioni aggravate e possesso illecito di documenti di identificazione. Non è escluso che con la stessa tecnica abbia commesso altre rapine, le indagini continuano.