Le prostitute all'Hotel Blu: ecco cosa accadeva, come si poteva entrare e le tariffe richieste

Le prostitute all'Hotel Blu: ecco cosa accadeva, come si poteva entrare e le tariffe richieste
di Emanuele Faraone
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Giovedì 25 Marzo 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 26 Marzo, 18:38

RIETI - Gli accattivanti annunci hot di “incontri piccanti nella tua città” con foto, video e dettagliate descrizioni prestazionali lasciavano ben poco all’immaginazione, in un vero e proprio catalogo hard online. Qui - dal sito internet “Bakekaincontri” con filtro di ricerca su Rieti – si poteva reperire anche il numero telefonico della donna desiderata per una notte di trasgressione. Poi la chiamata con l’interlocutrice e l’appuntamento che veniva fissato presso l’Hotel Blu.

Quasi sempre la porta d’ingresso principale o quella secondaria sul retro della struttura ricettiva erano aperte (se chiusa occorreva digitare un codice numerico che veniva fornito telefonicamente dalla donna) e molto spesso si accedeva in assenza di personale alla reception che richiedesse l’esibizione di documenti o altro.

Si raggiungeva poi uno dei tre piani superiori del “tre stelle” al numero di stanza indicato in precedenza per consumare il rapporto sessuale la cui prestazione variava da 30 fino a 50 euro per le “signorine” (come con delicatezza chiamate dal giudice Sabatini e dal pm Capizzi) più avvenenti. 

E’ partito il processo sul presunto giro di prostituzione di donne e transessuali di nazionalità straniera che, nell’agosto del 2018, aveva decretato la chiusura per 15 giorni dell’Hotel blu di via Salaria per L’Aquila disposto dall’allora questore, Antonio Mannoni per motivi di sicurezza sociale, moralità e buon costume e che aveva anche portato alla denuncia del titolare per l’omissione della comunicazione in Questura circa le generalità di alcune persone alloggiate in hotel. In aula davanti al collegio del tribunale di Rieti (presidente Sabatini, giudici a latere Marinelli e Auriemma) gli operanti della Mobile che avevano svolto le indagini e la passerella delle testimonianze di alcuni clienti, tutti reatini. Due gli imputati, padre e figlio, il primo ritenuto il titolare dell’attività alberghiera, entrambi difesi e assistiti di fiducia dall’avvocato Emanuele Chiarinelli del foro di Rieti. Nei loro confronti viene contestata dalla Procura il reato di prostituzione in attività aperta al pubblico in riferimento alla nota legge Merlin del 1958.

Le registrazioni audio. In aula sono stati anche riprodotti tre file audio di alcune registrazioni telefoniche inerenti delle conversazioni di una delle donne coinvolte nell’attività di presunto meretricio. Tra la clientela anche ragazzi molti giovani tra i 23 e i 40 anni: chi frequentatore assiduo, altri solo curiosi di una nuova esperienza e chi sull’onda di un momento di desiderio. Tutto avveniva nel massimo riserbo e con riservatezza: prima l’appuntamento telefonico, poi il parcheggio in prossimità dell’adiacente stazione di servizio Q8 dove, una volta sostato, intercorreva una seconda chiamata nel corso della quale venivano fornite le ultime istruzioni («se qualcuno ti ferma, dici che sei venuto a trovare me», oppure «se la porta è chiusa digita questo codice numerico per entrare»).

Negli annunci web non era mai specificato quale fosse il luogo fisico dell’incontro infatti i testimoni-clienti hanno tutti riferito di essere acceduti seguendo indicazioni fornite dalle donne in quanto gli annunci erano meramente descrittivi e contenevano esclusivamente una sorta di piccante presentazione delle donne e delle loro performance sotto le coperte, ma non indicazioni del luogo di prostituzione che, nella maggior parte dei casi, avveniva in assenza del titolare. 

I contatti telefonici. Altre volte i contatti telefonici erano stati reperiti “in un foglietto in un bar del centro”. Intanto, però, andavano avanti le attività investigative della Mobile di Rieti con appostamenti all’esterno della struttura e con telefonate alle signorine in cui gli investigatori si presentavano come finti clienti cercando di carpire informazioni sul luogo dell’appuntamento, come accedere e se vi fossero dei controlli al momento dell’ingresso nella struttura di via Salaria per L’Aquila. La risposta delle presunte escort era sempre la stessa: «Tu non ti preoccupare, chiama quando arrivi e ti dico tutto io». Udienza che si aggiorna in autunno per l’escussione di altri testi.

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