Ucciso a coltellate in casa a Colleverde di Guidonia, arrestati la colf e l’amante. Rubati soldi e oggetti preziosi

La coppia adesso dovrà rispondere dei reati di omicidio e rapina pluriaggravati

Colleverde
di Elena Ceravolo
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Venerdì 16 Giugno 2023, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 07:46

RIETI - Ucciso nella sua casa di Colleverde di Guidonia dalla badante e dall’amante che, subito dopo essersi accaniti a coltellate contro l’anziano e aver arraffato piccoli gioielli, sarebbero poi corsi al bancomat con le carte della vittima per prelevare 700 euro. Lei, subito dopo, fece ritorno a casa, facendo finta di allarmarsi della mancata risposta al citofono dell’ottantaseienne. È a queste conclusioni che, a distanza di 14 mesi dalla tragica morte di Luigi Panzieri, sono arrivate le indagini degli investigatori della polizia in base alle quali ieri il Gip del tribunale di Tivoli ha fatto scattare la custodia cautelare in carcere per Tamara Antonini, colf quarantasettenne di Fonte Nuova, e per Danilo David, corriere di 51 anni, ex benzinaio, residente in provincia di Rieti.

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Le indagini

La coppia è indagata per omicidio e rapina pluriaggravati.

I fatti risalgono al 6 aprile dello scorso anno. L’ex agricoltore fu trovato morto, accoltellato, nella cucina del suo appartamento in via Monte Rosa. L’allarme lo fece scattare alle 11 proprio la badante: era andata a fare la spesa, disse, e al rientro Panzieri non rispondeva. Ad aprire arrivò la figlia Giulia: trovò il padre a terra in una pozza di sangue. Le indagini, coordinate dalla procura di Tivoli, hanno visto sin da subito in campo gli investigatori del commissariato “Tivoli-Guidonia” e della Mobile di Roma, diretti da Paola Pentassuglia e Stefano Signoretti. La pista seguita sin dall’inizio portava proprio alla coppia che «sfruttando la relazione domestica - scrive il gip - svolta dalla donna per l’anziano, con il fine di sottrargli gli oggetti preziosi ed il denaro ne avevano cagionato il decesso, uccidendolo con ripetuti fendenti».

L’ALIBI

Contestata, inoltre, anche la rapina pluriaggravata «per essersi impossessati di una catenina e di quattro anelli in oro, oltre ad una carta libretto smart e ad una postepay, con cui subito dopo l’omicidio, avevano effettuato prelievi per 700 euro». Effettuati i prelievi, la donna ritornò in via Monte Rosa per inscenare il suo alibi: aveva suonato al citofono fingendosi sorpresa per la mancata risposta, quindi aveva chiesto aiuto al portiere che a sua volta aveva avvertito la figlia della vittima. Sotto la lente degli investigatori sono finiti, minuto dopo minuto, tutti gli spostamenti dei due il giorno del delitto, così come le testimonianze, unitamente alle intercettazioni di oltre un anno. Così è stato possibile “mappare” le incongruenze con le loro dichiarazioni e i gravi indizi di colpevolezza. 

Ad emergere anche l’atteggiamento manipolatorio del reatino, personalità descritta dal gip come “controllante e dispotica”. Per nascondere le sue responsabilità avrebbe spinto la donna ad autoaccusarsi dell’omicidio, anche tentando di coinvolgere un fantomatico complice. Costanti le azioni di depistaggio per allontanare da sé i sospetti, tutte vanificate dagli investigatori che gli stavano con il fiato sul collo. Danilo Davis sarebbe persino arrivato a spingere la donna al suicidio con l’acido muriatico per scaricare su di lei tutta la responsabilità. A pochi giorni dal delitto, l’ha accompagnata a comprare il flacone dal quale avrebbe dovuto bere per simulare con la polizia una sorta di pentimento. Per il gip «un piano per garantirsi il silenzio dell’unica persona che l’avrebbe potuto collocare sulla scena del crimine con il giusto ruolo, considerato che l’ingestione dell’acido avrebbe potuto ucciderla». Un passo che Tamara Antonini alla fine non ha voluto fare. I due continuano ora a negare ogni responsabilità. Ma per il gip le indagini hanno consentito di rendere solido l’impianto accusatorio.

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