«Il Pd», afferma il capogruppo Andrea Marcucci, «starà all'opposizione. Se qualche dirigente vuol cambiare posizione, lo dica chiaramente. Noi non sosterremo mai un governo del M5S e nessun governo Lega-5Stelle. La linea che porteremo al Colle è quella votata all'unanimità in Direzione». E da Mattarella andranno in quattro: il reggente Maurizio Martina, il presidente Matteo Orfini e i due capigruppo, Graziano Delrio e appunto Marcucci.
Delrio assicura che la discussione non è sul «se» stare all'opposizione ma sul «come». «Stiamo attenti a un dibattito sterile tra isolamento e apertura», afferma Martina. La priorità, ricorda, è riconnettersi con gli elettori sfidando gli altri partiti sulle idee.
Tutto risolto? No, perché dopo la sortita di Franceschini e Orlando, il sospetto è che discutere sul «come» essere minoranza, sia un modo per aprire al M5s. E i renziani diffidano anche di Martina, che secondo qualcuno si candiderebbe da «capo del correntone governista» alla segreteria nell'assemblea del partito, che però potrebbe slittare a giugno, dopo le elezioni comunali. Il punto, ribattono i franceschiniani, è non restare «congelati» in una linea di «opposizione e basta» e offrire una sponda a Sergio Mattarella nel lavoro che lo attende.
«Se torniamo alle correnti che si fanno la guerra sottobanco e lavorano per il M5S consegniamo il Paese ai populisti per sempre», avverte il neo iscritto Calenda, che attacca Michele Emiliano e chi «boicotta» il Pd.
Un governo con Di Maio è comunque impossibile per una questione di numeri: o tutto il Pd sosterrà il M5s o un esecutivo non potrà nascere. Il sospetto dei non-renziani è che a fronte del «mai» al M5s, gli uomini vicini a Renzi coltivino la tentazione di un appoggio esterno a un governo di centrodestra. Insomma, veleni e scambi di accuse.
Quel che è certo è che la situazione è mobile, c'è chi sostiene che il fronte vicino all'ex segretario non sia più così granitico. I timori dei renziani si appuntano sulla tenuta del gruppo della Camera dove siedono numerosi «big». Ma sarà la Direzione (dovrebbe riunirsi dopo il primo giro di consultazioni), a dare la linea - precisa Ettore Rosato - non i gruppi.
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