Malumori in Fi, a Fico 60 voti in meno. Imbarazzo M5S a votare Casellati

Malumori in Fi, a Fico 60 voti in meno. Imbarazzo M5S a votare Casellati
di Barbara Acquaviti
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Domenica 25 Marzo 2018, 11:59 - Ultimo aggiornamento: 12:00

Il dissenso passa attraverso le schede bianche o nulle. L'indicazione del partito arriva chiara e netta via sms, «votare Fico», ma nel passaggio sotto il catafalco si materializzano i malumori di molti dentro Forza Italia. Nessuna prova, come sempre in questi casi. Bisogna seguire gli indizi. I numeri, prima di tutto. Sulla carta il neo presidente della Camera contava su circa 480 voti. Alla fine è stato eletto con 422: sommando il numero dei deputati dei partiti che lo sostenevano (M5s, Lega, FI e FdI) mancano quindi una sessantina di voti. Esattamente sessanta sono state le schede bianche, 21 le nulle, a cui vanno aggiunti sette voti per Fraccaro, cinque dispersi e tre per Renato Brunetta.

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Ed ecco che i sospetti cadono sui parlamentari di Silvio Berlusconi, quelli che più di tutti nella coalizione di centrodestra hanno fatto fatica a digerire l'accordo in extremis con Salvini e Meloni. Tra i più critici, proprio i due capigruppo uscenti, Brunetta e Paolo Romani.

Al Senato i numeri raccontano di una tenuta maggiore della strana alleanza con i grillini. Elisabetta Alberti Casellati poteva infatti contare su 250 voti potenziali: è stata eletta con 241. «Statisticamente un successo sfolgorante, il 97% dei voti previsti», dice Maurizio Gasparri. I consensi mancanti sono quindi soltanto nove, ma è forte il sospetto che siano riconducibili proprio alle fila del Movimento5stelle. Alla fine è un numero risicato, ma anche tra i pentastellati di palazzo Madama molti confidavano di provare grande imbarazzo nello scrivere sulla scheda il nome di una berlusconiana doc, sottosegretaria alla Giustizia ai tempi del Ruby ter.

Ma è sul nome di Roberto Fico come presidente della Camera che l'inedito asse M5s-Lega-Forza Italia-Fdi ha davvero traballato. E ci sono altri indizi che portano a sospettare che c'entrino i malumori tra gli azzurri. A cominciare dai racconti sull'assemblea di gruppo tenuta poco prima del voto. Reduce dal vertice a palazzo Grazioli in cui, in dissenso con l'accordone, sarebbe andato via urlando «mi faccio un mio partito», Renato Brunetta avrebbe tracciato uno scenario da fine del mondo ai deputati. «Abbiamo abbassato la testa a Salvini, votare Romani era come votare Berlusconi», avrebbe detto.

Avanzando addirittura l'ipotesi di proseguire con la scheda bianca almeno per la quarta votazione. Questo fino al momento in cui è arrivata l'indicazione via messaggio. Ma quella di non scrivere compatti Fico sarebbe stata una direttiva giunta direttamente dal quartier generale. «Ho sentito Ghedini ha riferito ai colleghi Maria Stella Gelmini dobbiamo dare una trentina di voti, non deve essere un plebiscito». Dal centrodestra, tuttavia, sono sicuri che qualche voto, al loro stesso candidato, sia mancato anche dalle fila grilline.

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