Camere, Paolo Romani: «Berlusconi non ha ottenuto nemmeno il minimo sindacale»

Romani e la figlia (ansa)
di Emilio Pucci
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Domenica 25 Marzo 2018, 09:29 - Ultimo aggiornamento: 26 Marzo, 07:57

Volto rabbuiato, passo deciso, l'annuncio di ritirare la candidatura già lo aveva fatto. «Berlusconi non ha ottenuto neanche il minimo sindacale al tavolo dei leader», si rammarica Paolo Romani infilandosi in un ascensore a palazzo Madama insieme alla figlia protagonista della famosa storia del telefonino. La sconfitta di Forza Italia nella partita sulla presidenze delle Camere brucia. Del resto, racconta più di un big, è stato Niccolò Ghedini a dare le indicazioni di voto ai senatori. Il capogruppo azzurro era fortemente contrario a piegarsi a Salvini.

IL CORRIDOIO
«Berlusconi - spiega Romani in un corridoio del Transatlantico di palazzo Madama - questa volta non ha fatto il leader, non è stato protagonista». Nessun riferimento personale. Anzi nei giorni scorsi Romani aveva messo sul tavolo la possibilità di fare retromarcia per sbloccare la situazione. «Io - sottolinea - sono stato bocciato per il progetto politico che rappresentavo». E ora? «Vediamo cosa succede», risponde Romani. «Non ho la sfera di cristallo».

Dopo il vertice l'esponente azzurro arrivando al Senato con i colleghi va giù duro: «Non sappiamo dove andiamo. FI è ormai un partito a sovranità limitata. Se è così, meglio uscirne». Solo uno sfogo di qualche minuto, niente di più. Raccolto dai numerosi senatori che hanno chiesto lumi sull'incontro tra Berlusconi, Salvini e Meloni.

Il punto è che Romani ha portato avanti per lungo tempo un dialogo con i dem, al pari di Berlusconi e di Letta avrebbe voluto coinvolgere il Pd nella partita del governo. E invece dopo l'intesa sui presidenti delle Camere con i pentastellati si va in tutt'altra direzione. «Ho l'impressione - osserva - che la geometria politica che si intravede sullo sfondo porti una parte consistente del centrodestra a fare un accordo con i 5 Stelle, è una geometria che io non condivido».

L'abbraccio con Salvini e Di Maio è traumatico. Berlusconi ha provato a smorzare la rabbia del suo capogruppo, a spiegargli che quella era l'unica strada perseguibile. Ma non lo ha convinto. Niente da dire sulla figura di Casellati, anche se era assente al momento del discorso in Aula del nuovo presidente. Ma l'irritazione è per come si è arrivati a quel nome. «Nel ringraziare Berlusconi per la stima e la fiducia accordatami offrendomi, convincendomi e insistendo nella candidatura a presidente del Senato, ritiro - aveva spiegato annunciando il passo indietro - la mia candidatura per evitarne ogni utilizzo pretestuoso».

Sono arrivati subiti molti attestati di stima, il primo da Schifani. «Mi sono liberato di un peso», assicura Romani. Ma il problema è qual è ora la direzione di FI. «Io dice ancora ho fatto un'altra battaglia politica. Sono preoccupato per il Paese. Non ho condiviso queste scelte, non per la mia persona ma per quello che ci aspetta. Non mi pronuncio, spero di avere torto». E' a tuti gli effetti il momento dell'amarezza. Quell'intenzione di prendere le distanze da FI dura l'arco di qualche ora, anche se Berlusconi con i suoi non nasconde la preoccupazione di una spaccatura interna. A palazzo Madama una parte del gruppo vorrebbe che a guidare la pattuglia fosse Annamaria Bernini. Martedì prossimo è fissata una riunione in cui si deciderà il da farsi. E' previsto un voto. Il Cavaliere ha intenzione di evitare scossoni in questi momenti ma non è escluso che si volterà pagina. Per Romani la questione è un'altra, ovvero la linea politica.

L'OPA
«Con i Cinque stelle non si può andare», ripete con nettezza. E poi c'è l'Opa della Lega. Fino alla notte inoltrata il nome di Romani era ancora quello da inserire nella scheda. Tutto è cambiato nel giro di pochi minuti. Si è arrivati alla svolta dopo il pressing di Meloni e Salvini. E Romani, Brunetta e gli altri big forzisti erano in un'altra stanza. Con La Russa che ieri accusava proprio lo stato maggiore azzurro di aver consigliato male il leader di Forza Italia. «Ma io sono a posto con la coscienza il refrain di Romani -.

Non mi ero certo autocandidato».

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