Belgio, pedofilo chiede di essere ucciso: «Voglio l'eutanasia, non riesco più a vivere così»

Belgio, pedofilo chiede di essere ucciso: «Voglio l'eutanasia, non riesco più a vivere così»
di Antonio Bonanata
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Venerdì 10 Giugno 2016, 19:05 - Ultimo aggiornamento: 11 Giugno, 18:52
«Lasciatemi morire, non riesco più a sopportare questa condizione», è il grido pietoso e disperato di un ingegnere belga di 39 anni: per convenzione, gli abbiamo dato il nome di Sébastian. L’uomo ha chiesto per sé l’eutanasia a causa delle terribili pulsioni sessuali che prova verso ragazzi e adolescenti, una situazione “insostenibile” con la quale convive da anni e che ora ha deciso di interrompere con un gesto estremo e doloroso.

«È una sofferenza continua, è come vivere prigioniero nel proprio corpo – ha raccontato alla Bbc – non riesci a uscire, hai un continuo senso di vergogna, sei stanco e, soprattutto, ti senti attratto da quelli da cui non dovresti essere attratto: tutto l’opposto di ciò che avrei voluto essere». Nel suo paese, il Belgio, l’eutanasia è stata dichiarata legale 14 anni fa e può essere concessa di fronte a casi di “continua e insostenibile sofferenza fisica e mentale”. Più di 1800 pratiche sono state portate a compimento nel 2013, un dato che ha superato la soglia dei duemila casi lo scorso anno.

In altri paesi europei, Italia compresa, sono invece proibite dalla legge sia l’eutanasia – compiuta da un medico – sia il suicidio assistito – che consiste nell’atto deliberato di assistere o sostenere una persona nel darsi la morte. La lunga strada intrapresa da Sébastian per arrivare all’eutanasia tramite iniezione letale è cominciata anni fa, quando ha ottenuto un iniziale parere favorevole dal proprio medico. Nei casi psichiatrici più gravi, serve l’ok di una commissione composta da tre medici, mentre in presenza di malattie invalidanti la procedura viene autorizzata da due dottori.

«Tutta la mia vita mi ha portato a questa scelta – continua l’ingegnere belga – mia madre ha sofferto di demenza senile ed io stavo male». Sébastian viene da una famiglia profondamente cattolica, un ambiente dove l’omosessualità non sarebbe mai stata tollerata. «Ero profondamente solo, introverso e psicologicamente inibito. Ero terrorizzato dall’idea di uscire di casa e di essere visto per tutto il tempo». All’età di 15 anni incontra un coetaneo di cui si innamora ma, racconta, il ragazzo non accetta la propria sessualità, che giudica “insopportabile”.
«In seguito, mi sono innamorato due volte: di un diciottenne e di un ragazzo di 22 anni. E comunque, mi ha sollevato il fatto di essere riuscito a innamorarmi di persone più grandi, che non fossero adolescenti. Ciononostante, questo orientamento sessuale è intollerabile. Non posso conviverci e non sarò mai capace di sopportarlo». A niente sono serviti i 17 anni di terapia: Sébastian continua a provare attrazione per gli adolescenti. Ha anche ammesso di aver cercato online immagini di ragazzi e adolescenti, pur non essendo mai arrivato ad aggressioni fisiche ai danni di minorenni.

Ha cercato di uccidersi, dicendo ai medici di essere un pedofilo, ma loro non hanno accettato la sua auto-diagnosi. «Mi hanno detto: stai risolvendo le tue cose, vai avanti. Mi hanno detto che non ero un pericolo per i bambini». Dopo quattro anni trascorsi in un ospedale psichiatrico, otto psicologi, quattro psichiatri e un sessuologo, si è persino consegnato alla polizia nel 2014. Ma gli ufficiali lo hanno rimandato da un altro psicoterapeuta. La società, confessa Sébastian, non capisce la sofferenza che può provare un pedofilo, tutta concentrata com'è sul dolore delle vittime.

Latifa Bennari è la fondatrice dell’associazione francese L'Ange Blue, che offre assistenza e supporto ai pedofili desiderosi di prevenire aggressioni ai danni di potenziali vittime. La donna racconta che Sébastian l’ha contattata per email circa sei mesi fa, chiedendole aiuto. L’oggetto del messaggio di posta recava un appello esplicito, “aiutami a morire”, una richiesta che l’ha scossa profondamente. La volontaria francese, però, spera che Sébastian possa continuare a vivere, anche grazie all’aiuto della sua associazione: «I pedofili hanno bisogno di strutture alternative, dove non siano giudicati. Se così tanti psicologi non sono riusciti ad aiutare Sébastian, vuol dire che tutti hanno fallito nel loro ruolo».

Ma vi sono storie, in Belgio, ancora più terribili di quella dell’ingegnere 39enne che ora chiede di morire: lo scorso mese una vittima di abusi sessuali, perpetrati per 10 anni, ha ottenuto il permesso al suicidio assistito da parte di una commissione di esperti, che hanno ritenuto “incurabile” il suo disturbo mentale derivante da stress post-traumatico, accompagnato da una grave forma di anoressia e una perdurante depressione. I medici hanno ritenuto la donna “completamente in grado di assumere questa decisione” e che non vi fosse alcuna forma di “depressione, o altri disturbi dell’umore, che potessero influenzare la sua scelta”. Il Belgio, inoltre, dal 2014 consente – unico paese al mondo – anche ai minorenni di accedere a pratiche di eutanasia, ma solo nei casi di mali incurabili e, comunque, a condizioni molto restrittive. La maggior parte delle pratiche di eutanasia, infatti, riguarda persone anziane, affette da malattie giunte a uno stato terminale.

«Il mio obiettivo non è mai stato quello di far male ai bambini – conclude Sébastian –, non ho questo impulso. È qualcosa di più dell’amore, ma le persone si oppongono a questo tipo di rapporti, ed è giusto che sia così. Non voglio più niente, mi aspetta solo l’inferno».
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