Libia, i 4 ostaggi erano vicini al rilascio,
pagata solo una parte del riscatto
l’attacco al convoglio ha rovinato tutto

Libia, i 4 ostaggi erano vicini al rilascio, pagata solo una parte del riscatto l’attacco al convoglio ha rovinato tutto
di Sara Menafra
4 Minuti di Lettura
Sabato 5 Marzo 2016, 10:21 - Ultimo aggiornamento: 13:50

Con la liberazione di Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, a meno di quarantott’ore dalla morte di Salvatore Failla e Fausto Piano, prendono forma i pezzi del mosaico che compone la storia del rapimento dei quattro dipendenti della Bonatti sequestrati a luglio scorso. E cadono le ultime reticenze: fonti diverse ora ammettono che tutti i fatti di queste ore sono da collegare ad una trattativa che era ormai chiusa. I quattro uomini erano stati separati poco tempo fa solo per motivi di ”gestione” e due di loro erano in movimento per essere consegnati all’Italia.

ACCORDO FATTO
Il gruppo che teneva gli ostaggi sotto chiave era sempre lo stesso (fondamentalisti islamici ma non direttamente legati all’Isis vista la disponibilità di dialogo con la controparte occidentale) i contatti con gli italiani erano stati regolari, specie negli ultimi mesi. I sequestratori avevano separato i lavoratori e solo negli ultimi giorni stavano procedendo ad riunirli per poterli consegnare e ottenere il riscatto pattuito. È nel corso dello spostamento di Failla e Piano che avviene l’incidente. Il convoglio, composto in tutto da più di dieci persone a bordo di quattro vetture, incontra una milizia fedele al governo di Tobruk e ne nasce un conflitto a fuoco con le conseguenze che conosciamo.

DUE VERSIONI
La sparatoria ha dirette conseguenze sulla sorte di Failla e Piano. A questo punto le versioni dei fatti sono almeno parzialmente diverse, anche a prescindere dalle autorità di Sabrata che dicono di averli liberato con un blitz. La prima dice che dopo la morte dei primi due ostaggi, chi gestisce l’intero affare entra nuovamente in contatto con gli 007 italiani e indica il quartiere forse persino l’abitazione in cui sono prigionieri gli altri due. I controlli sulla casa vengono volontariamente allentati e Pollicardo e Calcagno riescono ad uscire. Secondo questa prima ricostruzione, i sequestratori in passato avrebbero ricevuto una parte del riscatto pattuito e quindi avrebbero accettato di chiudere l’accordo. La seconda versione delle ultime ventiquattr’ore è leggermente diversa: la sparatoria contro il primo convoglio avrebbe gettato nel panico anche chi gestiva il sequestro (forse uccidendo uno o tutti i capi) e temendo di essere assaltati, i miliziani che sorvegliavano la casa-prigione si sarebbero dati alla fuga nella stessa giornata di giovedì. Nella notte tra giovedì e ieri, Pollicardo e Calcagno si sono resi conto di essere rimasti soli e, dopo poche ore, già ieri mattina, sono riusciti quindi a sfondare la porta e ad allontanarsi.

Secondo questa versione, non sarebbe stato pagato alcun riscatto perché la consegna del denaro doveva avvenire alla chiusura dell’affare. Proprio perché tutto sarebbe successo in una situazione di caos e panico, i due superstiti avrebbero girato a lungo prima di incontrare o riuscire a rintracciare la polizia di Sabrata ed essere portati al sicuro. Molti dettagli della vicenda potranno fornirli proprio Pollicardo e Calcagno. Dopo l’interrogatorio delle autorità di Sabrata voleranno a Roma dove dovranno incontrare il pm Sergio Colaiocco e gli investigatori del Ros prima di poter tornare finalmente a casa. E di certo forniranno elementi utili per ricostruire la dinamica del rapimento e della liberazione, ma anche sull’effettiva appartenenza del gruppo che li ha sequestrati. La valutazione dell’autorità delegata all’intelligence Marco Minniti due giorni fa al Copasir era stata molto netta: «Se il gruppo è composto interamente da libici il dato sarà più che sufficiente per escludere un ruolo dell’Isis. Se invece a farne parte fossero persone anche di altre nazionalità il quadro potrebbe essere più complesso». 

«IL RUOLO DELLA BONATTI»
Sull’inchiesta delle procura di Roma peserà anche l’istanza dell’avvocato della famiglia Failla, Francesco Caroleo Grimaldi che oltre a sperare nella ricostruzione di quanto avvenuto chiede ai pm di piazzale Clodio di spiegare le responsabilità dell’azienda per la quale gli ostaggi lavoravano: «È necessario accertare eventuali responsabilità della società Bonatti sulla mancata sicurezza per i quattro tecnici che non avevano nessuna protezione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA