Afghanistan, ucciso a 9 anni dai talebani perché lo zio era un interprete delle forze armate britanniche

Afghanistan, ucciso a 9 anni dai talebani perché lo zio era un interprete delle forze armate britanniche
di Federica Macagnone
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Sabato 22 Agosto 2015, 17:53 - Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 10:08
Il piccolo Haroon, un ragazzino afghano, aveva solo nove anni quando fu rapito in strada da un gruppo di talebani e usato come ostaggio per ricattare suo padre.



La sua colpa era quella di avere uno zio che aveva lavorato alcuni anni prima come interprete per le Forze armate britanniche. Il papà di Haroon fu posto davanti a un bivio: per salvare il figlio doveva rivelare dove si trovasse suo fratello. Pochi giorni dopo, non avendo ottenuto quello che volevano, i talebani uccisero il bimbo con un colpo alla testa e gettarono il cadavere in un fossato vicino a casa sua.



L'omicidio di Haroon, avvenuto due anni fa, è uno dei tanti orrori che stanno venendo alla luce in Afghanistan, realizzati dai talebani che continuano ancora a dare la caccia ai traduttori, e rivalendosi anche sulle loro famiglie, anche dopo che da anni hanno smesso di collaborare con le forze della coalizione occidentale. Il Daily Mail sta ora conducendo una campagna a favore dei traduttori afghani che hanno aiutato le truppe britanniche, affinché venga garantito loro un rifugio sicuro nel Regno Unito. Generali, ministri, parlamentari e interpreti stanno elogiando il giornale per le sue inchieste su quello che viene chiamato "Il tradimento dei coraggiosi".



Il governo britannico, però, non appare molto propenso all'accoglienza: non concederà loro asilo, infatti, a meno che non vi sia una "chiara evidenza di intimidazione". Davanti a questo atteggiamento sono in molti a chiedere all'Esecutivo di cambiare linea.

L'onorevole Celia Sandys, nipote di Winston Churchill, si è unita alle crescenti richieste: «Io appoggio la campagna - ha detto - Casi come quelli che sono venuti alla luce sono orribili. Non posso credere che che non cerchiamo di aiutare queste persone dopo tutto quello che hanno fatto per noi. Se non lo facciamo, come possiamo pensare che in futuro ci siano altri interpreti disposti a lavorare per noi?».



Lord Dannatt, ex capo dell'Esercito, dal canto suo, ha ammonito l'intera Gran Bretagna dicendo che il Paese avrebbe le «mani sporche di sangue» se altri interpreti venissero uccisi dai talebani. «Il regno Unito ha un debito d'onore verso coloro che hanno aiutato le nostre truppe».



Infatti, la storia del piccolo Haroon è solo una goccia in un mare di orrore: lo zio traduttore, un uomo di 27 anni con tre figli, aveva lavorato per tre anni per le forze britanniche in prima linea e al culmine dei combattimenti era stato supervisore di 90 interpreti afghani nella provincia di Helmand. Parlando nei giorni scorsi da Kabul ha detto: «I rapitori hanno detto a mio fratello che avevo aiutato gli inglesi e che dovevo essere consegnato a loro. Mio fratello ha detto di no. Cinque giorni più tardi abbiamo trovato il corpo di mio nipote. Noi non incolpiamo gli inglesi, ma la morte di Haroon è stata una conseguenza del mio lavoro per loro e i loro partner della coalizione. Una vita innocente è stata distrutta a causa del mio lavoro».



L'uomo, di cui non viene pubblicato il nome per ovvi motivi di sicurezza, ha detto di aver smesso di lavorare per le forze britanniche quattro anni prima dell'uccisione di Haroon, dopo aver ricevuto intimidazioni per telefono e per lettera e un attacco da uomini armati.

A lui e alla sua famiglia non fu consentito di trasferirsi in Gran Bretagna perché non aveva lavorato per le forze del Regno Unito per un anno intero dopo dicembre 2011. L'uomo provò a spiegare che era difficile fornire le "prove certe di intimidazione" richieste dal governo, ma non ha mai ottenuto nulla. E ancora oggi non riesce a darsi pace: «Non capisco perché gli uomini che hanno servito i vostri soldati debbano essere abbandonati al loro destino».



Dal canto suo, il governo nega che gli ex traduttori siano stati abbandonati. Un portavoce ha detto che in Afghanistan esiste uno staff «che esamina accuratamente e professionalmente tutte le denunce di intimidazione e che le decisioni in merito vengono prese caso per caso». Le "decisioni" vanno, a seconda delle circostanze, dai "consigli per la sicurezza" all'assistenza per trasferirsi all'interno dell'Afghanistan o, solo nei casi più estremi, per emigrare nel Regno Unito. Appunto: nei casi più estremi e solo qualora si sia in grado di provare le minacce subite. Che non è esattamente la cosa più facile del mondo. Il piccolo Haroon è morto anche per questo.