Il tragico e folle campionario di chi tira a campare col fuoco

di Paolo Graldi
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Martedì 8 Agosto 2017, 01:17
Nessuna meraviglia. La notizia dei volontari antincendio di Ragusa che appiccavano il fuoco a campi e cassonetti dell’immondizia non ci trova per niente impreparati. Quei quindici pompieri incendiari (per gonfiare le indennità di servizio e rastrellare i soldi delle trasferte inventate), guidati da un caposquadra finito agli arresti domiciliari, rappresentano probabilmente la punta di un iceberg di una più vasta associazione criminale. 
Gente, magari non collegata da altri vincoli, ma che agisce secondo un collaudato copione che vediamo replicarsi in diverse zone del Paese, ogni anni, con asfissiante puntualità. I fatti dell’inchiesta della polizia si riferiscono agli anni 2013-2015 ma il capobanda, responsabile del turno “D” Davide Di Vita ha continuato nel suo doppio gioco fino a pochi giorni fa, in un quadro d’insieme che ha visto la Sicilia, più ancora che altre Regioni, devastata irrimediabilmente da una diffusione di roghi: il territorio è segnato a macchia di leopardo e, dall’alto si osservano ferite assai estese, con danni alle coltivazioni e, più in generale, alla sicurezza di tutti. La piaga, dunque, si allarga. Se c’erano dubbi sulla origine di molti incendi, ma di dubbi ce n’erano pochi, oggi è possibile ricostruire i modus operandi di queste piccole cosche di soggetti chiamati a spegnere i fuochi che essi stessi hanno acceso. Erano davvero insaziabili. 

Da una media di 40 interventi delle altre squadre loro, i doppiogiochisti, si “accontentavano” di compierne 120, tre volte tanto, arraffando denaro pubblico sui danni provocati con criminale disinvoltura. 
I fatti, dice il Gip, sono datati e dunque niente carcere per il gruppetto di incendiari; comodi arresti domiciliari per il responsabile della squadra ed è difficile placare il furore che ci assale considerando che anche fatti tanto gravi e vergognosi, di aperta offesa ai più banali principi di convivenza civile, incontrano una legislazione che largheggia in concessioni, incapace di offrire una severa deterrenza, davvero dissuasiva. 
La questione del fronte antincendi, in Sicilia, ha assunto negli anni aspetti insopportabili perché le assunzioni dei volontari a libro paga, per sei mesi all’anno, sono state segnate dallo scandalo di una stretta vicinanza con la politica e i suoi poteri di muove voti in cambio di comportamenti spesso illeciti. 

Le stesse proporzioni delle forze in campo meritano una riflessione critica, ben oltre i fatti penalmente rilevanti. Ventitremila forestali nell’isola costano 250 milioni l’anno; cinque, sei volte di più che in Lombardia. 
A questo fronte di scorribande si aggiunge quello delle discariche, quindici miliardi di euro spesi dal 2002 ad oggi senza aver risolto alla radice il problema dello smaltimento mettendo in conto l’ombra opprimente delle cosche che da questo settori macinano profitti a grandi numeri, Anche la rete idrica è “governata” da gruppi infiltrati, come diverse inchieste giudiziarie dimostrano. 

La Sicilia, sulla quale si avvicina la prova del voto per il rinnovo dell’assemblea regionale, paga vizi antichi e inguaribili. Un dato per tutti: nel 2016, gestione Rosario Crocetta, sono stati spesi 1,7 miliardi di euro per l’acquisto di penne e materiale di cancelleria, contro i 112 mila euro della Lombardia e i 640 mila della sprecona Campania. 

Voragini nel conti pubblici che foraggiano la fame degli osservatori giornalistici di mezzo mondo. La Bbc ha dedicato ampi servizi al rogo selvaggio. In queste notti, osservando la costa dal mare, si notano vaste zone in preda alle fiamme. 

Si va dalla festa di paese che si trasforma in falò con intenti folcloristici alle vendette personali contro questo o quello, in un carosello di fuochi e fiamme dove si mischiano fatti, tutti rigorosamente dolosi: il fuoco che divampa è l’emblema di un malessere che diventa malaffare. 

Tempo fa un sindaco della Locride, in Calabria, in totale controtendenza, stanco di pagare i forestali per ogni intervento chiaramente provocato, ha stabilito di pagare solo nel caso in cui gli interventi non ci fossero: un vero successo perché quell’incentivo a non spegnere gli incendi si è rivelato più forte e convincente di quello adottato fino ad allora.

La disastrosa stagione degli incendi(Roma paga un tributo imponente) ad autunno dovrà promuovere un impegno straordinario di analisi dell’intera materia. E’ probabile che la stessa legislazione penale debba essere rivista. 

Tra pazzi scriteriati, ragazzotti incoscienti, promani da ricovero in ospedale psichiatrico e lucidi criminali che si muovono su precise direttive e interessi, le forze dell’ordine hanno ormai a disposizione un vasto campionario di incendiari più o meno professionali: una galleria di personaggi che servirà a strutturare con mezzi adeguati anche nel numero, ma soprattutto adottando una visione indirizzata alla prevenzione attiva e permanente, in grado di punire severamente (richiesta sempre più diffusa e pressante) i responsabili) e, insieme, di disegnare nuove linee guida in una materia che deve cessare, questo sì, di essere e continuare a essere incandescente.

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