La spending review si allarga: 2,5 miliardi da Regioni e Comuni

Nell’arco dei prossimi cinque anni anche gli enti territoriali dovranno tagliare. Dalle riduzioni di spesa saranno escluse solo le voci relative a salute e politiche social

La spending review si allarga: 2,5 miliardi da Regioni e Comuni
di Luca Cifoni
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Lunedì 30 Ottobre 2023, 01:19 - Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 09:22

Gli “schiaffoni” metaforici del ministro Giorgetti non arriveranno solo ai ministeri ma anche a Regioni e Comuni. Il programma di revisione della spesa all’interno della manovra per il prossimo anno è ampio e ancora in parte da precisare nei dettagli: si attende il testo definitivo della legge di Bilancio, completo di relazione tecnica, che dovrebbe approdare in Senato nei prossimi giorni, una volta sciolti gli ultimi nodi politici. L’impianto di fondo non potrà che essere confermato con interventi complessivi che valgono nel 2024 quasi 28 miliardi (compresi i circa 4 della riforma Irpef che formalmente figurano in un apposito decreto legislativo) a cui corrispondono circa 12,2 miliardi di coperture effettive e 15,7 di maggior disavanzo.


LO SCHEMA
In attesa delle tabelle della manovra, i risparmi di spesa indicati schematicamente nel Documento programmatico di Bilancio inviato due settimane fa a Bruxelles appaiono decisamente consistenti.

Il capitolo revisione della spesa vale per il prossimo anno circa 2,3 miliardi, che comprendono non solo i tagli delle uscite correnti ma anche una rimodulazione di quelle in conto capitale, ovvero degli investimenti: verranno spostati in là nel tempo nel tempo gli interventi in ritardo rispetto ai programmi, con la garanzia che le risorse saranno comunque mantenute.


Nella bozza per ora disponibile è dedicato alla spending review un corposo articolo. Sono chiamati in ballo anche gli enti territoriali, Regioni, Comuni e Province (nel loro attuale assetto). Le prime, o meglio quelle a statuto ordinario, dovranno dare un contenuto di 350 milioni l’anno dal 2024 al 2028, dunque per i prossimi cinque anni. Sarebbero in tutto 1,75 miliardi, ma dal conto si possono sottrarre i 50 milioni annui che per lo stesso arco temporale sono destinati (in un altro articolo del testo) agli investimenti destinati alla messa in sicurezza degli edifici, agli interventi di viabilità e al trasporto pubblico, in un’ottica di riconversione energetica. Dunque il saldo a svantaggio delle Regioni resta pari a 1,5 miliardi. Gli enti territoriali dovranno decidere entro il prossimo 30 aprile come suddividere tra loro questo contributo: se non lo faranno, toccherà al ministero dell’Economia specificare il dettaglio dei risparmi, che saranno in proporzione ai rispettivi bilanci con l’eccezione dei capitoli relativi a spesa sociale e salute.


LA PROCEDURA
Procedura simile per Comuni, Province e città metropolitane. Anche in questo caso è possibile scomputare 50 milioni l’anno relativi ad un apposito fondo (che in verità arriva fino al 2033) finalizzato al riequilibrio dei bilanci. Agli enti locali viene quindi richiesto un sacrificio di un miliardo nei cinque anni, che aggiungendosi a quello delle Regioni porta il totale a 2,5 miliardi. Somme consistenti anche se forse non colossali rispetto a precedenti cicli di austerità; ma certo il segnale che lo Stato avrà bisogno degli enti territoriali per rispettare gli obiettivi che si è dato. Ugualmente per i Comuni ci sarà una ripartizione degli sforzi richiesti che non terrà in considerazione le spese sociali; a fissare gli importi per ciascuna amministrazione sarà un decreto del ministero degli Interni insieme a quello dell’Economia.


Come già accennato, bisognerà guardare nel dettaglio le tabelle della legge di Bilancio peri ricostruire il complesso dei risparmi di spesa. Sempre nel Documento programmatico di bilancio figurano infatti ben 7 miliardi di “altre coperture” da ricavare sul lato delle uscite pubbliche, verosimilmente la somma di altri definanziamenti di interventi legislativi del passato. Il quadro resterà impegnativo negli anni successivi: la sola voce “revisione della spesa” è destinata a lievitare dai 2,3 miliardi del 2024 a quasi 4 l’anno successivo e a oltre 10,5 nel 2026, quando il deficit dovrebbe rientrare sotto la soglia del 3 per cento: per realizzare questo obiettivo servirà una manovra correttiva, la prima dopo un lungo periodo in cui i vari governi, prima in concomitanza con la crisi pandemica poi con quella energetica e la guerra in Ucraina, hanno invece previsto anno dopo anni significativi ampliamenti del disavanzo di bilancio. Già dal prossimo anno poi torneranno in vigore, sebbene modificate in profondità, le regole europee del Patto di Stabilità e crescita.
 

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