Migranti, Meloni: «Controlli in Albania, due basi italiane per gestire gli arrivi. ​Premierato, al lavoro per il massimo consenso»»

Il premier: «Accordo strategico, consentirà di contrastare il traffico di esseri umani, prevenire migrazioni irregolari e accogliere chi ha diritto alla protezione internazionale»

Meloni: «Migranti, controlli in Albania. Due basi italiane in territorio albanese per gestire gli arrivi»
di Massimo Martinelli
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Martedì 7 Novembre 2023, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 09:41

Presidente Meloni, nel suo incontro con il premier albanese Rama avete sottoscritto un accordo con l’Albania per la realizzazione di due centri di accoglienza italiani per i migranti. Una novità per certi versi epocale: vuole spiegarci come funzionerà in concreto e quali migranti riguarderà? 

«È un accordo che rafforza il partenariato strategico tra Italia e Albania e si pone sostanzialmente tre obiettivi: contrastare il traffico di esseri umani, prevenire i flussi migratori irregolari e accogliere in Europa solo chi ha davvero diritto alla protezione internazionale. L’Albania darà la possibilità all’Italia di utilizzare alcune aree in territorio albanese, segnatamente il porto di Shengjin e l’area di Gjader, nelle quali l’Italia potrà realizzare, a proprie spese e sotto la propria giurisdizione, due strutture dove gestire l’ingresso, l’accoglienza temporanea, la trattazione delle domande d’asilo e di eventuale rimpatrio degli immigrati. L’accordo si applica agli immigrati soccorsi in mare, ad eccezione di minori, donne in gravidanza e soggetti vulnerabili. Nel porto di Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e di identificazione e qui realizzerà un centro di prima accoglienza dove operare una prima attività di screening; nell’area più interna di Gjader, invece, si realizzerà una seconda struttura (modello Cpr) per le successive procedure. L’Albania collaborerà, con le sue Forze di polizia, sul fronte della sicurezza e della sorveglianza esterna delle strutture. Le strutture potranno accogliere contestualmente fino a tremila immigrati per svolgere le procedure di frontiera, che questo Governo ha ridotto a 28 giorni. Per questo, nell’arco di un anno, potranno essere trasferiti in Albania più di 36 mila immigrati».

Come è nata questa intesa? C’è chi dice che avete gettato le basi già la scorsa estate in occasione del suo viaggio-lampo in Albania, è così? 

«Sì, è così. È un’intesa che nasce da una considerazione di fondo condivisa col Primo Ministro Rama, ovvero che l’immigrazione irregolare di massa è un fenomeno che gli Stati Membri della UE non possono affrontare da soli e che la collaborazione tra Stati UE e Stati extra-UE può essere decisiva». 

L’Unione europea è stata informata di questo accordo? Ha dovuto superare qualche resistenza di Bruxelles a spostare fuori dall’Unione i centri di accoglienza? 

«Abbiamo informato la Commissione europea senza che questo comportasse criticità.

Anzi, io credo che possa diventare un modello di collaborazione tra Paesi UE e Paesi extra-UE sul fronte della gestione dei flussi migratori. Aggiungo che considero quest’intesa un accordo dal grande spirito europeo, con il quale l’Albania si conferma non solo una Nazione amica dell’Italia ma anche una Nazione amica dell’Unione Europea. Ed è significativo sottolineare come nonostante non faccia ancora parte della UE Tirana si stia comportando di fatto come se già lo fosse, facendo scelte perfettamente in linea con quei principi di solidarietà e cooperazione alla base della famiglia europea».

Il coordinamento dei centri sarà tutto italiano? Che garanzie ci saranno sul rispetto delle norme italiane sui diritti umani? 

«La giurisdizione all’interno di questi centri sarà interamente italiana. Nei centri opererà personale italiano, le nostre Forze di polizia e le nostre Commissioni d’asilo. Esattamente come accade nei centri presenti sul nostro territorio nazionale. Non ci sarà alcuna differenza. In più ricordo che l’Albania è membro del Consiglio d’Europa ed è candidata all’adesione all’Unione Europea, al cui interno è pienamente garantito il pieno rispetto dei diritti umani». 

 

Si parla meno in questi giorni dell’accordo con la Tunisia di cui lei personalmente si è fatta promotrice: a che punto è l’intesa a livello europeo con i nostri dirimpettai africani? 

«L’Italia è riuscita a porre a livello europeo e a livello internazionale, ai massimi livelli, la questione Tunisia. È un’importante Nazione africana che sta vivendo un difficile contesto economico. L’interlocuzione è molto positiva, anche se sono molti gli aspetti da finalizzare. Sono certa che, in uno spirito di reciproco rispetto, ci possano essere grande opportunità per tutti, come la stessa Tunisia dimostra con efficacia, avendo ridotto fortemente le partenze irregolari». 

È giustificato il timore che tra i migranti possano nascondersi potenziali terroristi, visto l’acuirsi della tensione dovuto alla guerra in Medio Oriente?

«Purtroppo, i fatti di cronaca ci dicono che già in passato i responsabili di attentati in Europa sono sbarcati illegalmente in Italia. È sbagliata l’equazione tra immigrazione irregolare e terrorismo, ma è indubbio che un vasto contesto di illegalità possa diventare un terreno fertile per organizzazioni criminali e anche terroristiche. Per questo ho sempre detto che la questione immigrazione è anche una questione di sicurezza».

E, restando in argomento, visti i segnali di antisemitismo che si stanno manifestando un po’ ovunque in Europa, c’è un messaggio che vuole mandare ai cittadini di religione ebraica nel nostro Paese? 

«Sono inquietanti i segnali di antisemitismo ai quali stiamo assistendo in Italia e in Europa. Non consentiremo nessuna forma di discriminazione, violenza o intimidazione nei confronti dei cittadini di religione ebraica. L’attenzione da parte di tutto il nostro sistema di sicurezza è massima, sia in termini di tutela degli obiettivi sensibili sia in termini di riflettori accessi sui soggetti pericolosi, per fortuna con un tasso di aggressività mediamente inferiore a quello di altre Nazioni europee». 

Il Consiglio dei ministri della scorsa settimana ha varato quella che lei ha definito la “madre di tutte le riforme”, ovvero il premierato. Diversi costituzionalisti hanno apprezzato la formula “all’italiana” della riforma, ma non sono mancate le critiche di chi dice che il presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini rischia di ritrovarsi ostaggio della sua maggioranza, non potendo sciogliere le Camere ma potendo essere sostituito una volta. Così come la riduzione di poteri del Presidente della Repubblica potrebbe trasformare il Capo dello Stato in un organo senza poteri reali. Cosa risponde a queste preoccupazioni? 

«Guardi, ogni critica e ogni preoccupazione sono pienamente legittime, ma la riforma costituzionale che abbiamo varato in Consiglio dei ministri non tocca la figura di garanzia del Presidente della Repubblica e non costruisce un sistema nel quale il Presidente del Consiglio è ostaggio della sua maggioranza. È esattamente il contrario. Gli obiettivi di questa riforma sono garantire il diritto degli italiani di decidere da chi farsi governare e fare in modo che chi venga scelto dal popolo possa governare con un orizzonte di legislatura. Se c’è qualcuno che deve essere preoccupato da questo cambiamento è solo chi vorrebbe far contare sempre meno gli italiani e fare calare sulla loro testa governi non scelti da nessuno». 

L’iter costituzionale sarà in ogni caso lungo. Il governo è aperto a eventuali modifiche in sede parlamentare?

«Il Parlamento è sovrano. Abbiamo sottoposto un’ipotesi di riforma che rispetta la sensibilità diffusa delle forze politiche e degli italiani, ma se poi le Camere decideranno di apportare modifiche che reputa migliorative ne prenderemo atto». 

Si augura di allargare il consenso alla riforma o ha già messo nel conto che possa essere approvata solo con i voti della maggioranza di governo? Se così fosse dovrebbe affrontare un referendum popolare che in passato ha avuto un costo politico alto per chi l’ha preceduta...

«Noi lavoreremo affinché in Parlamento questa riforma abbia il più ampio consenso possibile e raggiunga la maggioranza dei due terzi. Ma se non ci riusciremo, saranno gli italiani ad esprimersi con il referendum. Noi ci limiteremo a spiegare come, secondo noi, questa riforma possa essere in grado di migliorare il futuro della Nazione. Gli italiani decideranno cosa sia meglio e se andrà fatta o meno. Noi siamo solo uno strumento per realizzare quello che loro ci hanno detto di fare un anno fa. Gli italiani hanno e avranno sempre l’ultima parola».

Proprio ieri il Cdm ha dato la cittadinanza italiana alla piccola Indi Gregory, la neonata inglese gravemente malata, per la quale i tribunali britannici hanno disposto di staccare la spina delle macchine che la tengono in vita. Una decisione senza precedenti che io ricordi. Ne ha parlato con il primo ministro Sunak prima di procedere? Come è arrivata a questa decisione?

«Mi sono confrontata con il Primo Ministro Sunak prima che il Consiglio dei ministri adottasse questa decisione, che non ha alcun tratto polemico verso il Regno Unito. Già in passato il Governo italiano ha concesso la cittadinanza ad un bambino inglese che si trovava nella stessa situazione, il piccolo Alfie Evans. Abbiamo deciso di compiere questo passo per dare alla piccola Indi una possibilità in più e ringrazio l’ospedale Bambino Gesù di Roma, che ha offerto la sua disponibilità ad accoglierla. Dicono che non ci siano molte speranze per Indi, ma farò fino alla fine quello che posso per difendere la sua vita e per garantire il diritto dei suoi genitori a fare tutto quello che possono per lei».

Il Governo ha appena varato la sua prima vera manovra economica. È soddisfatta, nonostante le molte critiche che piovono dall’opposizione? 

«Sono fiera di un governo che ha la forza e la serietà per varare una legge di bilancio che guarda all’interesse della Nazione, e non si limita alla ricerca del facile consenso. Stiamo pagando e pagheremo ancora per troppo tempo le scelte chi ha dilapidato decine di miliardi di euro per misure elettoralistiche. Nonostante questo fardello, siamo riusciti a tagliare le tasse a tutti i lavoratori dipendenti che guadagnano fino a 35 mila euro, a farci carico dei contributi previdenziali delle mamme lavoratrici con due o più figli, ad avviare la riforma fiscale che l’Italia aspettava da decenni, a proseguire nelle politiche a favore delle famiglie e a sostenere le imprese che creano dei posti di lavoro secondo il principio “più assumi meno paghi”. E a stanziare a favore della sanità il record storico di 136 miliardi di euro, cifra mai raggiunta da nessun governo prima di questo. Certo, ci sono molte altre cose da fare ma abbiamo un orizzonte di legislatura». 

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