Foibe, Meloni a Basovizza: «Abbiamo spazzato via la congiura del silenzio»

Il premier alla commemorazione triestina: «Qui per chiudere il cerchio»

Foibe, Meloni a Basovizza: «Abbiamo spazzato via la congiura del silenzio»
di Francesco Malfetano
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Sabato 10 Febbraio 2024, 23:57 - Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 08:27

«Nella mia vita sono stata diverse volte a Basovizza e ogni volta me sono andata con qualcosa di più nel cuore». Che per Giorgia Meloni non si tratti di una commemorazione come le altre lo chiarisce lei stessa non appena, arrivata sull’altopiano del Carso, ad una manciata di chilometri dal centro di Trieste, prende la parola dal palchetto allestito per ricordare le vittime delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata. Qui, ai margini della cavità profonda quasi 200 metri, nel 1945 i partigiani comunisti jugoslavi compirono esecuzioni sommarie. Qui furono infoibati prigionieri, militari, poliziotti e civili. Qui si trova il sacrario inaugurato nel 2007, tre anni dopo l’istituzione del giorno del ricordo. E sempre qui la premier pare emozionarsi. «Sono venuta da ragazza quando lo facevano in pochi perché farlo significava essere additati, accusati, isolati. E sono tornata da adulta a celebrare finalmente quel giorno del Ricordo che spazzava via una volta per tutte la congiura del silenzio». E ancora: «Torno con qualche ruga in più e qualche responsabilità mai immaginata per assumermi un impegno solenne, fare la mia parte perché venga trasmesso ai nostri figli il testimone del ricordo».

Giorno Ricordo, Meloni a Basovizza:

La premier non fa nomi ma punta il dito contro «chi avrebbe voluto nascondere l’accaduto per sempre». È l’eterna rincorsa di distinguo, recriminazioni e similitudini in cui l’Italia si esercita da decenni e a cui, venerdì, il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha cercato di porre fine: «I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione».

Non è un caso quindi, che il governo sia presente numeroso alla cerimonia in cui la premier depone una corona di alloro, soffermandosi in raccoglimento, sotto lo sguardo solenne di due carabinieri. Accanto ci sono il vicepremier Antonio Tajani, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e il ministro dello Sport Andrea Abodi. E poi il governatore del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, e il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. Anche a loro nome, e a quello di tutte le istituzioni Meloni ha chiesto perdono «per il colpevole silenzio che per decenni ha avvolto le vicende del nostro confine orientale», sottolineando come sia doveroso «rendere omaggio a tutti gli istriani e i giuliano-dalmati che per rimanere italiani decisero di lasciare tutto, per restare con l’unica cosa che i comunisti titini non potevano togliere loro: l’identità». A margine, dopo essersi detta «d’accordo sul tema della revoca» delle onorificenze già concesse al maresciallo Tito pur tenendonsi fuori dalla polemica politica, Meloni rivendica di essere il primo premier a prendere parte alla giornata del ricordo sull’altopiano. «Scopro che un presidente del Consiglio non era mai stato alla celebrazione di Basovizza» spiega, prima di raggiungere la stazione di Trieste (con tappa allo storico caffè degli Specchi per un espresso con panna e cioccolato) per inaugurare il “treno del ricordo”. Un treno storico a carbone tale e quale a quelli che utilizzarono centinaia di migliaia di profughi italiani che lasciavano le terre della Venezia Giulia e della Dalmazia per essere smistati nei campi profughi allestiti in molte città d’Italia, città che pure spesso li emarginarono e li discriminarono tacciandoli di fascismo. 

IL TRENO

Su iniziativa del governo e di Ferrovie, il treno nei prossimi giorni lascerà Trieste per partire alla volta di Venezia quindi Milano Torino, Genova, Ancona, Bologna, Parma, La Spezia, Firenze, Roma, Napoli e il 27 febbraio arriverà a Taranto. A bordo due carrozze con pannelli foto e video che parlano dell’italianità delle terre del confine orientale dall’antica Roma alla seconda guerra quindi il dramma delle Foibe e dell’esodo di 350mila italiani, poi due carrozze d’epoca con le panche in legno e le cappelliere su cui sono poggiate vecchie valigie come se gli esuli fossero appena scesi dal convoglio, infine un vagone merci pieno di una selezione di masserizie che provengono dal magazzino 18 e che quindi saranno portate, insieme al loro carico di significato e di sofferenza, in tutta Italia da questo vero e proprio treno-museo itinerante. Un monumento su rotaie utile, conclude la premier, «non per riaprire le ferite del passato ma per chiudere un cerchio e ricucire quel sentimento di solidarietà su cui ogni nazione si fonda».

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