Come al solito, anche da un letto in terapia intensiva, Silvio Berlusconi è più avanti di tutti. Ha inventato, ma non all’ultimo momento visto che la leucemia cronica già sapeva di averla, la diarchia di genere per Forza Italia. Mentre Fratelli d’Italia ha la monarchia meloniana e il Pd sta provando ad affidarsi a una donna sola al comando, il Cavaliere ha preparato e ora diventa operativa la diarchia uomo-donna, ovvero Tajani-Fascina. Tutti in queste ore vantano di parlare con lui, e spesso millantano («A te non ti ha chiamato, vero? A me, sì e varie volte», è la spacconeria in uso tra i notabili forzisti che considerano la vera o supposta telefonata del Presidente una sorta di investitura per il futuro prossimo), ma Berlusconi soltanto con Marta e con Antonio dal San Raffaele fa discorsi di sostanza e di prospettiva.
L’eredità politica riguarda loro due anche se Fascina in queste ore in cui tutti la cercano e tutti la vezzeggiano vorrebbe sottrarsi all’argomento: «Il Presidente ha un cuore buono e forte e ancora tanta strada da fare».
I RUOLI
Intorno alla terapia intensiva del San Raffaele, e sull’asse Arcore-Roma, la diarchia tra Fascina e Tajani viene considerata un dato di fatto perché è questo che Berlusconi vuole che sia. La coppia Marta-Antonio si muove all’unisono ma per fare che cosa? Marta è la garante del rapporto con la famiglia e con l’azienda, e a lei spetta di coniugare l’eredità politica di Berlusconi con gli interessi di Mediaset, naturalmente previo assenso - che per ora c’è eccome - di Marina. L’eredità non solo sentimentale ma domestico-dinastica, politicamente parlando, le è stata delegata e Silvio anche ai figli dal suo letto di dolore non fa che ripetere: «Marta è un tesoro da tutelare e da valorizzare come merita. E’ una di noi e un dono raro che ci è capitato». Tajani ha un ruolo più operativo su vasta scala. E’ il garante dell’accordo, anche tecnico-elettorale, fra Forza Italia e FdI in vista delle elezioni europee del 2024 e nel quadro del progetto, naturaliter tajaneo, appunto, di una grande intesa tra il Ppe e i conservatori guidati da Meloni per togliere la commissione Ue dalle mani dell’alleanza popolari-socialisti che la detiene da due legislature.
Il tandem Fascina-Tajani sta spiazzando Salvini. Lui, Antonio, gode stima traversale in Europa e anche nei palazzi italiani che contano - dal Vaticano al Quirinale - e lei, Marta, è magna pars, politicamente, nella scelta che l’azienda si trova a dover fare di fronte alla malattia del fondatore: se esserci ancora o superarsi (magari vendendo). Per i momenti fatali una diarchia, e ancora meglio una diarchia di genere, è forse quella che consente di sbagliare il meno possibile. E su certe cose il Cav non ha mai sbagliato.