Zeman: «Io, juventino da sempre. Dormivo con la maglia bianconera». E su Totti: «Il giocatore più forte che ho avuto»

Il tecnico boemo: «Francesco? Pareva avesse quattro occhi, due davanti e due dietro»

Zeman: «Io, juventino da sempre. Dormivo con la maglia bianconera». E su Totti: «Il giocatore più forte che ho avuto»
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Domenica 13 Novembre 2022, 11:42 - Ultimo aggiornamento: 15:16

Il colpo di scena che non ti aspetti. Zdenek Zeman è un tifoso della Juventus. Uno dei più grandi nemici sportivi dei bianconeri, che ha dato il via all'inchiesta sul doping che ha segnato la fine degli anni 90, ha svelato la sua passione in un'intervista al Corriere. «Tifo per loro da sempre», ha detto il boemo.

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Cosa ha detto Zeman?

«Sono sempre stato juventino.

Da piccolo andavo a dormire con la maglia bianconera», ha ammesso l'ex allenatore di Lazio e Roma. E le polemiche contro di loro? «Con la Juve di Moggi, Giraudo e Bettega. Ma la Juventus non comincia e non finisce con loro. Era la squadra di mio zio Cestmir Vycpálek: il più grande talento del calcio cecoslovacco prima di Pavel Nedved, che portai in Italia. La differenza è che Nedved, lavoratore maniacale, voleva allenarsi pure il giorno di Natale; mio zio invece amava le gioie della vita. Era stato a Dachau, e il lager l’aveva segnato. Ma mi dicono fosse birichino anche prima».

L'inchiesta

E sull'inchiesta contro i bianconeri aggiunge: «La mia denuncia? Ma solo perché a Torino c’era un magistrato coraggioso, Guariniello. Io ho puntato il dito contro il sistema, non solo contro la Juve, che aveva molti seguaci. E il problema non erano solo i farmaci. Erano anche i passaporti falsi. Era anche il condizionamento degli arbitraggi. Era anche lo strapotere della finanza».

Zeman: ho odiato i comunisti

Nell'intervista Zeman rivela un altro retroscena della sua vita, che fino a oggi era rimasto nascosto. «Odiavo i comunisti. Come li odiava mio padre, medico. Al piano di sopra abitava il capo del partito di Praga 14, il nostro distretto. Papà talvolta urlava dalla finestra del bagno la sua rabbia contro il regime. Ogni tanto qualcuno spariva», dice.

Poi una carezza ai romanisti. Anzi, a Francesco Totti: «Il giocatore più forte che ho avuto. Pareva avesse quattro occhi, due davanti e due dietro. Gli ho visto fare cose che sorprendevano tutti, anche me dalla panchina. Un’intelligenza calcistica prodigiosa. L’ho allenato due volte, quando aveva ventun anni e quando ne aveva trentasei, al mio ritorno alla Roma. Mi ha sempre seguito. E non abbiamo ma litigato».

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