Vittoria Belvedere: «A 18 anni un produttore di 70 mi molestò. Un altro mi saltò addosso nel suo ufficio»

L'attrice: "A 7 o 8 anni e ho subìto vero e proprio razzismo perché ero meridionale: una calabrese emigrata in Brianza"

Vittoria Belvedere: «A 18 anni un produttore di 70 mi molestò. Un altro mi saltò addosso nel suo ufficio»
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Giovedì 10 Agosto 2023, 10:17

«C’è sempre una ribalta nella vita...». C'è stata anche per Vittoria Belvedere lanciata da Pippo Baudo a Sanremo. E pensare che, come racconta lei stessa al Corriere della Sera, «volevo rifiutare la proposta di Pippo Baudo, non mi sentivo all’altezza del ruolo, non pensavo di essere adatta alla diretta televisiva, al vastissimo pubblico, ai giornalisti, alle conferenze stampa... Ripetevo a Pippo: non sono capace difarlo! E lui: non ti preoccupare,ti proteggo io... E mi sono lasciata trascinare». E con tanta sincerità non si vergogna nel dire che è diventata famosa quasi per caso: «I primi tempi ho scelto pochissimo le cose da fare, mi sono capitate». Da modella mancata (per fare le passerelle dei grandi stilisti occorre essere almeno un metro e 75 e lei è alta 1,72) ad attrice. Prima di teatro, poi al cinema e in televisione. 

Proposte indecenti

Ma non senza qualche problema.

Già perché a volte essere belle può essere un problema. E così sul set ha ricevuto alcune proposte indecenti. Vittoria non le ha mai accettate: «La prima volta avevo 18 anni e lui intorno ai 70... Era apparentemente un gran signore e mi fece intendere che, per fare carriera nel nostro mondo, occorreva avere qualcuno alle spalle su cui contare. Avevo già partecipato a un suo film e una sera, mentre mi accompagnava in hotel, azzardò delle avances... Io, elegantemente, lo respinsi, scesi dall’auto e non l’ho mai più chiamato...».

Poi un'altra volta ancora. «L’altro, invece, produceva una serie importante, per la quale avrei dovuto fare, a breve, un provino. Andammo nel suo ufficio, per prendere il copione su cui dovevo prepararmi. Ci sedemmo sul divano e lui, con la scusa di porgermi il testo, mi è saltato letteralmente addosso. Era un omone, alto e pesante, non so come sono riuscita a respingerlo, a togliermelo di dosso...A un certo punto gli ho detto: perdonami, forse ti ho fatto capire cose sbagliate...forse hai pensato che ero disponibile... Poi me ne sono andata e, nei giorni successivi, non mi sono presentata al provino».

Anche lei, come tante altre donne si è sentita in colpa. «Purtroppo noi donne ci sentiamo spesso, a torto, colpevoli di provocare il maschio arrapato... è un nostro assurdo limite».

Il razzismo

Vittoria Belvedere al Corsera racconta anche cosa vuol dire sentirsi discriminata. Ha vissuto il razzismo sulla sua pelle e non è stato bello. Era piccola ma quel ricordo le è rimasto ancora impresso: «Avrò avuto 7 o 8 anni e ho subìto vero e proprio razzismo, perché ero meridionale: una calabrese emigrata in Brianza». Nel palazzo dove abitavamo - racconta l’attrice nata a Vibo Valentia da una famiglia di contadini - c’erano tutte famiglie brianzole e, se in cortile giocavo con gli altri bambini, le loro mamme li portavano via dicendo: non giocate con lei, è una terrona. D’altronde già il mio nome era un marchio di meridionalità, e poi mio fratello si chiamava Santino, mio padre Giuseppe, mia madre Maria...». A volte si vergognava ma «non mi sono mai permessa di rinnegare le mie origini, anzi, ne vado orgogliosa».

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