Stallone: «Mio padre cattivo e aggressivo, era Rambo e con lui non si scherzava». Ecco il docufilm sul grande attore

Da oggi su Netflix "Sly", Sylvester racconta: "Cresciuto nel dolore, l'amore del pubblico non basta"

Stallone: «Mio padre cattivo e aggressivo, era Rambo e con lui non si scherzava». Il docufilm sul grande attore
di Paolo Travisi
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Venerdì 3 Novembre 2023, 06:27 - Ultimo aggiornamento: 06:34

«Keep on punching». Continua a combattere. È molto più di una semplice frase a effetto, quella che Sylvester Stallone usa sui social, per salutare i suoi fan. Guardando il film-doc “Sly”, da oggi su Netflix, oltre i muscoli e l'apparenza della più grande star dei film d'azione, si comprende quanto l'uomo, ancor prima dell'attore, abbia combattuto per tutta la sua vita. Ma non contro gli Ivan Drago di turno dei suoi molti film. L'unico grande antagonista è stato suo padre, un amore mancato: «Era Rambo, con lui non si scherzava», racconta Sly nel film, in cui il regista Thom Zimny ha costruito un racconto dallo sguardo molto intimo, che va oltre la patina edulcorata di una celebrità di Hollywood che sta invecchiando e vuole glorificarsi.

ANIMA

«Ho spiegato come mi sarebbe piaciuto avvicinarmi alla storia di Sly, in un modo che andasse oltre la fama e la rappresentazione della semplice filmografia che tutti conoscono, ma che entrasse nell'anima di un artista - racconta l'autore che ha già diretto documentari su grandi star della musica come Johnny Cash e Elvis Presley e ha lavorato a lungo con Bruce Springsteen -. Ho scoperto che ha avuto un'infanzia intensa, in particolare il rapporto con suo padre. Così, all'improvviso i personaggi di Rambo e Rocky hanno assunto un contesto diverso».

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In Sly, tra filmati inediti, foto personali e i commenti di amici di lunga data - come il rivale di un tempo Arnold Schwarzenegger, Quentin Tarantino, suo grande ammiratore, l'attrice Talia Shire, Adriana in Rocky - si scava in profondità, a partire da quel trauma dell'infanzia: nato a New York da una famiglia proletaria, suo padre faceva il barbiere, la madre vendeva sigarette nei locali, la scuola in un istituto lontano dalla famiglia, la mancanza dell'affetto familiare da colmare anche da adulto. «Sono stato cresciuto da un padre molto aggressivo, non ero estraneo al dolore, ma il mio credo era "non mi spezzerò"», le parole di Stallone nel film, che da ragazzo trovava rifugio nei cinema, guardando ogni tipo di film; ma erano i muscoli di Steve Reeves, l'Ercole dei peplum, il modello da seguire.
«Passavo tempo infinito nelle sale, avevo il culto dell'eroe che salva le persone, quelli erano gli ideali, il trionfo sul male», racconta Stallone, che più che la recitazione, amava la scrittura. È dalla frustrazione di una vita in salita, che inizia questa passione, è dalla frustrazione che nasce il personaggio della sua vita. «Molti sanno che abbia scritto Rocky, ma forse non che avesse già altre 15-16 sceneggiature non prodotte prima di quella.

Sly descrive questa idea di speranza, che è diventata un tema chiave nel documentario», spiega il regista Thom Zimny, che ha colto l'intimità dell'icona-star.

 

COMMOZIONE

«Mi sono sentito abbandonato e l'accudimento è arrivato dagli altri, anche se l'amore del pubblico non basta», dice nel film la star di Rambo, mentre la camera stringe sugli occhi lucidi. La storia di Sly, in fondo, è in quel rapporto padre-figlio che non ha mai funzionato. «Volevo che mio padre fosse come Rocky», confessa l'attore, un eroe buono che Stallone ha interpretato per tutta la vita, in tanti ruoli, alcuni dimenticabili, per dare speranza a diverse generazioni, la stessa che lui cercava al cinema da ragazzino. Dopo 50 anni di carriera, l'astro di Sky è tutt'altro che in declino. Anzi. Nel 2023 sul pianeta streaming è uscita The Family Stallone su Paramount+, che ricalca il modello del brand tv dei Kardashians, in cui Stallone è raccontato come un padre amorevole, che si divide tra set e la sua famiglia, la moglie Jennifer Flavin e le tre figlie Sophia, Sistine e Scarlet. Il buon successo del prodotto sottolinea quanto l'attore 77enne sia un fenomeno pop, con un sequel in lavorazione, in parte girato in Italia. Se a fine settembre, la famiglia Stallone a Roma ha paralizzato il centro storico, mentre faceva shopping in una boutique di Via Condotti, a Gioia del Colle, paese del nonno che faceva il barbiere, ha ricevuto le chiavi delle città nel tripudio di una città in festa.

PREQUEL

E non è ancora tutto, perché è in work in progress la seconda stagione di Tulsa King, serie Paramount+, in cui interpreta un mafioso americano dal fiuto per gli affari loschi. E per finire, nell'aria c'è anche il prequel di Rambo, ma a quel personaggio Sly, dal Festival di Toronto, ha detto addio: «Contro chi dovrei combattere, l'artrite?»
 

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