All Blacks onorano Maradona prima della battaglia con l'Argentina: davanti all'Haka la maglia nera col 10 - Com'è andata a finire - Highlights

All Blacks onorano Maradona prima della battaglia con l'Argentina: davanti all'Haka la maglia nera col 10 - Com'è andata a finire - Highlights
di Paolo Ricci Bitti
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Sabato 28 Novembre 2020, 10:23 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 08:09

di Paolo Ricci Bitti

Gli Dei del rugby per il Dio del calcio. Con la tensione prepartita che si tagliava con il coltello, il capitano degli All Blacks Sam Cane ha raggiunto a passi lenti il centrocampo e ha deposto sull'erba una maglia nera che non si era mai vista: "10" e "Maradona" le scritte su di essa rilanciate in mondovisione. Dietro a Cane c'era già la squadra dei "tutti neri"  pronta a inscenare l'haka "Kapa o pango", la più bellicosa. Davanti, nello stadio di Newcastle in Australia, c'era l'Argentina con i giocatori schierati fianco a fianco, abbracciati stretti: solo un lampo negli occhi del capitano Pablo Matera per fare capire che l'omaggio - quella maglia-bandiera azzeccata persino nella taglia small - era stato gradito, soprattutto perché proveniente della squadra simbolo di una nazione in cui il calcio non è certo un elemento fondante del paese come lo è il rugby in Nuova Zelanda. La Terra della lunga nuvola bianca in cui questa maglia nera con la felce sul cuore rappresenta il massimo onore e la massima responsabilità. L'omaggio non avrebbe potuto essere più regale e più spiazzante per gli stessi argentini.

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Anche Maradona amava il rugby e più volte aveva assistito ai test match dei Pumas contro gli All Blacks. E questo era il primo incontro di una nazionale argentina dopo la sua morte. Pochi secondi per ricordare insieme un campione universale, poi però la battaglia del Tri Nations è cominciata senza sconti: i più forti del mondo decisi a dimostrare di esserlo contro la squadra che due settimane fa li aveva battuti per la prima volta con un match già rubricato fra le leggende.

Il match

Questa volta non c'è stato l'effetto sorpresa che aveva aiutato i Pumas a sbranare 25-15 gli All Blacks. L'effetto sorpresa e la fame di rugby due settimane per l'Argentina che era scesa in campo a 402 giorni dalla sua ultima partita, mentre la Nuova Zelanda era perfettamente rodata dalla Bledisloe Cup e dal Super Rugby.  Una vittoria da urlo anche considerendo che il sabato precedente i tutti neri erano stati battuti anche dall'Australia: due ko di fila per Cane e compagni non si registravano dal 2011, roba da lutto nazionale.

Per trovarne tre di seguito (in verità 5) bisognava tornare invece al 1998, ma non ce n'è stato bisogno perché Cane & compagni hanno imparato la lezione mettendo sotto i Pumas fin dal primo minuto togliendo loro il respiro con attacchi incessanti. Commovente la difesa degli argentini, pronti a immolarsi su ogni placcaggio: al termine ne avranno tirati 149 contro i 44 degli avversari. Un sproporzione mostruosa. All'80' il tabellone diceva 31-0 (quattro mete): la partita era insomma finita e sepolta e se non ci fossero stati in campo gli argentini e il loro orgoglio la tariffa sarebbe stata almeno doppia. Ma la palla era in mano ai Pumas (sotto i loro pali!) che non hanno mica smesso di giocare, mica hanno calciato la palla in tribuna per fermare la sofferenza. Il capitano Matera ha guardato tutti negli occhi: "Andiamo avanti". Così i Pumas, non si sa con quali riserve di ossigeno, hanno contrattaccato risalendo il campo fino ai 22 degli increduli All Blacks che - figuriamoci - non avevano alcuna intenzione di concedere la meta della bandiera a chi li aveva messi in ginocchio il match precedente. Una dimostrazione di coraggio, quella dei Pumas, che non è stata premiata da una meta (che anzi quella l'hanno segnata i neozelandesi per il 38-0 finale) ma dalla riconoscenza che tutti i rugbysti devono agli argentini. 

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