Domenico De Masi, le lezioni e i gruppi di studio: «Indimenticabili quei giorni»

Domenico De Masi
di Giovanni Del Giaccio
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Sabato 9 Settembre 2023, 17:32 - Ultimo aggiornamento: 17:38

Conoscere e frequentare Domenico De Masi è stata una fortuna che hanno avuto gli studenti della facoltà di Sociologia, prima, e di Scienze della comunicazione della Sapienza poi. Chi scrive ha anche discusso la tesi con il sociologo del lavoro che per primo aveva capito il cambiamento della società post industriale, studiato come pochi non solo la creatività (il libro "L'emozione e la regola" resta una pietra miliare) ma cosa avrebbe rappresentato quello che aveva definito "ozio creativo" e quanto lavoro ci poteva stare intorno a una società che rispetto al passato è caratterizzata da più tempo libero. Un lavoro diverso, inevitabilmente, da quello che avevamo conosciuto con i ritmi delle fabbriche e diverso anche da quando i "colletti bianchi" avevano superato quelli blu.   

Assistere alle sue lezioni era a dir poco affascinante. Lavorare con i gruppi di studio che per un anno si concentravano su un argomento e poi dovevano presentare l'elaborato conclusivo, ha consentito a chi li ha svolti di capire cos'è e come si fa ricerca sociale.

Senza mai tralasciare il "bello", uno dei capitoli più interessanti di un suo manuale proprio sulla ricerca. E con il "magone" quando arrivava il giorno della presentazione, dopo notti insonni a chiudere le ricerche.

Non raccontava semplicemente una materia, non era una lezione frontale e basta, ma faceva vivere l'argomento a chi decideva di seguirlo. Proprio nell'affrontare quelle ricerche (alla Sapienza c'è un archivio con centinaia di lavori originali su argomenti che vanno dalla nuove fabbriche alla creatività)  sottolineava come fosse importante valutare il tempo dedicato all'attività e l'importanza, se un giorno si fosse arrivati a svolgerle per un committente privato, di farsi pagare.

 

Tra gli aneddoti che raccontava quello di un sindacalista che gli aveva chiesto di presenziare gratis a un evento, al quale aveva risposto «va bene, se tu mi mandi un idraulico a casa, gratis, a sistemare tutti i rubinetti». Ma agli studenti amava ricordare anche l'importanza di «vivere e studiare per sbugiardare i millantatori di cultura» e di non fermarsi mai al primo approccio. Conosceva come pochi l'opera di Marx, ad esempio «che in ogni rigo ti dà uno spunto».  Amato da molti, "odiato" da chi non condivideva il suo metodo, per anni ha avuto nel compianto professore Angelo Bonzanini un perfetto alter ego nella cattedra di sociologia del lavoro.  

Capitava che dopo un seminario e una cena ci si ritrovasse a casa sua fino a notte, per bere qualcosa,  discutere di cibo, sociologia, ma anche di cultura in generale. Era un grande conoscitore di arte e musica, ad esempio, se il festival di Ravello ancora oggi è un punto di riferimento nel panorama internazionale è grazie a una sua intuizione di quando ebbe lì il ruolo di assessore alla cultura. 

Sono stati giorni indimenticabili, per chi lo ha seguito più da vicino, e non va dimenticato che dalla sua cattedra e dalla scuola di specializzazione "S3" che aveva fondato sono usciti personaggi che si sono affermati nei più disparati ambienti di lavoro. Persone che non perdevano occasione di andarlo a trovare quando c'era un suo seminario. Per un breve saluto o anche solo per ascoltare - con quel tono di voce inconfondibile - il suo caratteristico «è straordinario»

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