Adriano Celentano, lite d'autore per Yuppi Du: condannato a pagare 80mila euro all'ex collaboratore

Adriano Celentano, lite d'autore per Yuppi Du: condannato a pagare 80mila euro all'ex collaboratore
di Angela Pederiva
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Lunedì 2 Agosto 2021, 11:24 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 04:10

C’è quella sequenza iniziale, in cui il pescatore Felice Della Pietà voga attorno all’isola di San Giorgio in Alga, snodandosi in movimenti scanditi dal ritmo incalzante della musica. La barca sta affondando, mentre l’alba del nuovo giorno spunta sulla laguna e le fabbriche di Porto Marghera si stagliano sullo sfondo. Scorrono i titoli di testa: “Musiche di Adriano Celentano” e “Arrangiamenti e direzione orchestra Detto Mariano”. È l’inizio di Yuppi Du, film-cult del 1975, girato in una Venezia onirica e popolana. Ma è anche la fine di un aspro contenzioso, che per una dozzina di anni ha visto contrapporsi il cantante-attore e il compositore-paroliere, già protagonisti di un lungo sodalizio artistico. Con una sentenza depositata in questi giorni, infatti, la Corte di Cassazione ha condannato “il Molleggiato” e la sua società Clan a risarcire 80.000 euro di danni morali e patrimoniali patiti dall’ex collaboratore, per la violazione dei suoi diritti di autore attraverso la pubblicazione di un cofanetto in occasione della Mostra del Cinema.

Adriano Celentano condannato, il dvd e il cd

 


Correva l’anno 2008, direzione di Marco Müller, quando al Lido venne proiettata la versione restaurata della pellicola, tre decenni dopo la presentazione in concorso al Festival di Cannes, con un cast che annoverava anche l’inseparabile moglie Claudia Mori, la figlia Rosita Celentano, la diva Charlotte Rampling, il veneziano Lino Toffolo.

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Un po’ musical-musicarello, un po’ opera di denuncia sociale, sui temi da allora sempre più cari all’artista dei lunghi monologhi e degli enigmatici silenzi: i morti sul lavoro, la disoccupazione, l’inquinamento, la miseria del proletariato, le fabbriche chimiche, i cantieri navali.

In quella circostanza, il Clan promosse la vendita del pacchetto contenente il dvd del film e il cd della colonna sonora, «in violazione dei diritti morali del Maestro Detto – si legge negli atti – coautore dei testi di accompagnamento delle musiche, arrangiatore e direttore di orchestra e dei suoi diritti patrimoniali quale produttore fonografico». 

IL GIUDIZIO
Così nel 2009 lo stesso professionista e la consorte Lina De Sutti, soci nella Love Record, chiamarono in giudizio Celentano e la sua impresa davanti al Tribunale di Milano e in particolare alla sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale, per chiedere il risarcimento del danno, il provvedimento di inibitoria, la pubblicazione della sentenza e l’indennizzo dell’arricchimento senza causa. Il cantautore si difese rivendicando la paternità esclusiva dei brani e la sua casa discografica sostenne di aver anzi revocato la licenza di utilizzazione discografica concessa all’arrangiatore. Insomma, volarono gli stracci, finché nel 2014 il giudice di primo grado riconobbe le ragioni di Mariano e condannò il Clan Celentano al versamento di 50.000 euro per i danni morali e di altri 75.000 per quelli patrimoniali, poi ridotti rispettivamente a 30.000 e 50.000 nel 2017 dalla Corte d’Appello.

 

IL PRINCIPIO

Contro questo secondo verdetto Celentano e il Clan avevano presentato il ricorso in Cassazione, rimarcando che il nome e il cognome di Detto Mariano (alla nascita Mariano Detto, all’inverso) comparivano comunque nei titoli del film, anche se non venivano menzionati nella copertina del cd. I due ex sodali si sfidavano così a colpi di carte bollate, mentre Yuppi Du rimaneva nel cuore dei veneziani, tanto da essere proiettato quell’anno in Campo San Polo, con la benedizione dell’interprete e regista, per protestare contro la cancellazione del cinema all’aperto. Alla fine il compositore non ha fatto in tempo a vedere la conclusione del procedimento: è morto di Covid nel 2020.

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Ma in sua memoria la Suprema Corte ha enunciato un principio di diritto, secondo cui «gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che sostengono le prime parti nell’opera o composizione drammatica, letteraria o musicale», fra cui il direttore di orchestra, «hanno diritto che il loro nome sia indicato nella comunicazione al pubblico della loro recitazione, esecuzione o rappresentazione e venga stabilmente apposto sui supporti contenenti la relativa fissazione, quali fonogrammi, video grammi o pellicole cinematografiche (nella specie dvd e cd considerati autonomi e distinti supporti)». Celentano e il Clan dovranno così pagare 80.000 euro.
 

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