L'ospedale Icot, il secondo della città di Latina dopo il Goretti, conta 100mila metri quadrati di superficie, decine di operazioni al giorno, corsi di laurea e specializzazione, un centro dialisi, un pronto soccorso traumatologico, una Rsa e ambulatori dove ogni giorno si recano centinaia di pazienti. «Nel nostro comprensorio spiega ancora Miraglia Ci sono circa mille operatori. Impossibile rincorrere le voci. Per quello che sappiamo, l'inchiesta riguarda uno solo e ci deve essere massima tranquillità per i pazienti che si rivolgono a noi». Incalzata dalle domande dei cronisti, l'azienda non nasconde di avere le mani legate. Gli altri indagati (16 in tutto, molti dei quali estranei alla struttura sanitaria) non solo non possono essere perseguibili per l'uso personale di stupefacenti, ma non possono essere neanche controllati né licenziati sulla base di sospetti. «Non è possibile prendere alcun provvedimento nei confronti di eventuali altri assuntori fra i dipendenti e gli operatori dell'ospedale aggiunge il presidente Non è previsto dalla legge, anzi è vietato. Abbiamo anche fatto un interpello per capire se, alla luce di queste notizie, ci fosse da parte nostra la possibilità di intervenire, ma non è pensabile in nessuna azienda italiana sottoporre i dipendenti a controlli sugli stupefacenti». La dirigenza dell'Icot precisa di essere stata solo avvisata, nel 2021, di un'ispezione all'interno dell'armadietto di un portantino, Renato Gargiulo, poi arrestato in flagranza dai finanzieri, considerato il fornitore di diversi altri operatori del nosocomio e colui che di fatto ha consentito agli investigatori di puntare i riflettori sull'Icot. L'operatore, che lavorava al centro dialisi, è tornato in servizio su ordine della magistratura e con gli arresti domiciliari gli è stato concesso un permesso per recarsi ogni giorno al lavoro. «Nelle sale operatorie di questo ospedale spiega il dottor De Marinis si lavora ogni giorno in maniera egregia. Non abbiamo mai nutrito sospetti su nessuno dei nostri professionisti». Il direttore sanitario Angelo Boumis aggiunge che «un uso costante di stupefacenti in un ambiente sanitario sarebbe difficile da nascondere».
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