Che vuol dire crescere in cattività? «Che invece di crescere sereni e felici, quelli crescono nervosi», Lorenzo. «Hanno ucciso degli innocenti, abbiamo pregato per loro», Alessandro.
UN MINUTO DI SILENZIO
«Dobbiamo stare molto attente, spiegare e rassicurare, misurare le parole. Anche perché non tutti i genitori sono d’accordo che se ne parli», la maestra fila via, affaticata. Sui gruppi whatsapp delle mamme corrono i commenti, ci si schiera: quelle che dicono ok al minuto di silenzio e alla lezione che parla di cronaca e quelle che non vorrebbero proteggere i propri figli dal mondo. «La maestra ci ha spiegato cosa è l’Isis e cosa ha fatto. Poi ci ha detto di scrivere su un foglio i sentimenti che provavamo. Io ho scritto la parola rabbia. Non sono d’accordo con loro perché ci vogliono imporre con la violenza la loro religione anche se non ci piace», Martina, nove anni, quarta elementare alla Mazzini, quartiere Trieste.
«A me fanno paura questi uomini armati. L’ho detto a mia mamma: basta, non voglio più vedere tutti questi telegiornali», Giulia ha sette anni, vorrebbe tornare alla leggerezza dei cartoni. Mentre il professore di religione parlava dell’Isis in una prima media della Sinopoli, vicino viale Somalia, un ragazzino giocava con la carta. «Il prof ci ha detto: lo vedete questo? Noi siamo deboli come un foglio di carta di fronte ai terroristi e loro lo sanno. È solo questione di tempo prima o poi arriveranno anche da noi. Beh, diciamo che non ci ha tranquillizzato». Sono passati tre giorni da quando si sono salutati l’ultima volta all’uscita di scuola, sembra chissà quanto.
«Io ho paura, lo dico. Di uscire, di prendere i mezzi, di incontrare i miei amici», Laura dimostra più dei suoi dodici anni spaventati. «C’è il Giubileo, siamo i prossimi. Voglio cambiare città». Se ne è parlato quasi ovunque, nelle aule, come aveva invitato a fare il ministro del Miur, Stefania Giannini, in un post su fb. «Non possiamo restare indifferenti e chiuderci nelle nostre paure. Invito le scuole e le università a dedicare un minuto di silenzio alle vittime». Carla Alfano, preside dell’istituto comprensivo Alfieri-Lante della Rovere, ha parlato lei stessa ai ragazzi della terza media. «Ho fatto una lezione di storia perché sull’onda emotiva temo che il pericolo di una deriva razzista sia alto. Dovete crescere, ho detto, cercando di capire le ragioni e non essere strumentalizzati. Mi dovete promettere di studiare per diventare liberi». E alle elementari?
«Ho lasciato che le maestre agissero secondo la loro sensibilità.
Il timore è che nelle classi dove ci sono molti bambini immigrati si finisca per guardare come un tagliagola il compagno di banco di un’altra religione». Ma «sensibilizzare non vuol dire demonizzare», sostiene Mario Rusconi, presidente dell’associazione nazionale dirigenti scolastici. «Si tratta di trovare una convivenza nell’ambito del rispetto delle specificità». Oggi si torna ai quaderni, con qualche pensiero in più.
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