L'intervista

L'intervista
2 Minuti di Lettura
Giovedì 23 Ottobre 2014, 05:56
NEW YORK
Non è più il giornale eroico di Bradlee, di Woodward e di Bernstein. L'analista Jeff Madrick ha appena accusato buona parte della stampa americana nel suo libro Seven Bad Ideas (sette cattive idee) di aver perso la capacità di investigare e contraddire le teorie economiche più disastrose dell'ultimo decennio. Il suo giudizio sul quotidiano della capitale non è da meno.
Come è cambiato il Washington Post negli ultimi 40 anni?
«Ha seguito la direzione dell'opinione pubblica nazionale, che si è fatta più conservatrice e meno antagonista rispetto alla classe dominante. Il giornale ha reagito alle accuse di essere un organo della sinistra liberal spostandosi verso il centro, ma anche trascurando la funzione di cane da guardia contro gli eccessi del potere».
Può fare un esempio?
«Il perfetto allineamento che il consiglio editoriale del giornale ha avuto con l'amministrazione Bush alla vigilia della campagna militare in Iraq. Il New York Times si è scusato con i suoi lettori per aver assunto una simile posizione nel 2003, mentre al Washington Post ci sono state solo ritrattazioni individuali da parte di alcuni giornalisti».
C'è stata però anche la pubblicazione del dossier di Snowden.
«L'attività investigativa dei giornalisti in questo caso è meno evidente. Snowden è figlio dell'Internet, e infatti oggi lo scambio di idee più genuino e non filtrato dalla censura avviene sui blog, e non sulle pagine dei giornali».
Jeff Bezos ha avvicinato i due mondi acquistando il Post?
«Dal suo ingresso in poi, la redazione si è arricchita di 100 nuovi giornalisti che si occupano del settore digitale, mentre i vecchi redattori sono mandati in pensione, e presto perderanno anche le prerogative della pensione. Bezos è il catalizzatore di una trasformazione in atto per tutta la stampa tradizionale, ma è anche un dirigente con un'acuta percezione del proprio interesse».
Cosa si può prevedere ora per il giornale?
«Le aspettative di rilancio e di crescita erano tante due anni fa, ma a distanza di tempo possiamo dire che non sono state rispettate. Bezos nel frattempo sta entrando nell'establishment della capitale, né più né meno come hanno fatto altri baroni prima di lui, che hanno usato la stampa come chiave di accesso alle stanze del potere».
Flavio Pompetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA