Proteste in Francia, stretta social di Macron: «Pronti a sospenderli». Ecco cosa sta succedendo

L’Eliseo contro l’uso di app per organizzare disordini o pubblicare contenuti celebrativi. Sequestrati 900 chili di mortai e 492 di ordigni pirotecnici. Paura per il 14 luglio

Proteste in Francia, stretta social di Macron: «Pronti a sospenderli». Ecco cosa sta succedendo
di Francesca Pierantozzi
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Giovedì 6 Luglio 2023, 00:16 - Ultimo aggiornamento: 14:59

Da ieri sera sono tornati a circolare anche di notte i mezzi pubblici in Francia. Erano cinque giorni che dalle nove di sera bus e tram restavano nei depositi. Il bilancio della rivolta si sfuma: da 1.100 fermi si è passati a sedici dell’altra notte. Ma la guardia non si abbassa. Il primo obiettivo è intanto superare la festa nazionale del 14 luglio, poi evitare qualsiasi incidente che possa riaccendere la miccia. Ieri sono cominciate le operazioni di ristabilimento di un ordine «durevole», di cui Macron ha parlato davanti ai circa trecento sindaci ricevuti all’Eliseo. La controffensiva passa innanzitutto dai social, considerati come acceleratore e anche dispositivo organizzativo delle nuove proteste. Non ci sarà nessun «black out generalizzato», ha assicurato il portavoce del Governo Olivier Veran, anticipando probabili critiche di censura. Il Governo sta per ora esaminando la possibilità di «eliminare alcune funzionalità» delle piattaforme web, prima fra tutte la geolocalizzazione tipo Snap Mat, che consente di condividere in tempo reale i luoghi dove convogliare per organizzare proteste o attacchi. Ieri «sono stati rapidamente ritirati migliaia di contenuti illegali e sono stati sospesi centinaia di account», ha fatto sapere il sottosegretario all’Economia digitale. 

La risposta dei social

Sono stati i rappresentanti del ministero dell’Interno e anche le procure a rivolgere alle maggiori piattaforme (Twitter, TikTok, Facebook, Instagram e Snapchat), centinaia di richieste di requisizione di contenuti considerati come appelli alla violenza oppure legati alla divulgazione di dati personali di agenti delle forze dell’ordine.

Il governo – che al secondo giorno della rivolta aveva convocato i dirigenti delle principali piattaforme – sostiene che «la collaborazione è stata avviata e funziona molto bene» e che è stata chiesto a tutti i social di «esercitare la più grande vigilanza sulle funzionalità che possono essere sviate e pregiudicare l’ordine pubblico». TikTok ha fatto sapere di non aver mai dovuto rispondere a una richiesta legata a funzionalità dell’applicazione, Snapchat ha invece assicurato di applicare ormai la «tolleranza zero per qualsiasi contenuto che possa incitare all’odio o a comportamenti violenti». Da martedì Snapchat ha anche confermato di aver avviato «una sorveglianza attiva di Snap Map e di contenuti legati alle rivolte» e di aver eliminato «molti post che contravvengono alle direttive». 

 

Il sequestro di mortai

La controffensiva non è però in atto soltanto sui social. Primo bilancio ieri anche di una serie di operazioni per requisire le “armi” usate da rivoltosi in questa ultima settimana di incendi. Dei veri e propri arsenali di fuochi d’artificio, mortai, candele romane, sono stati localizzati dalla polizia in tutta l’Ile-de-France, la regione di Parigi. Circa 900 chili di mortai sono stati sequestrati in meno di 24 ore e un intero stock di «492 chili di ordigni pirotecnici» sono stati ritrovati in un locale di Auberviliers, periferia est di Parigi. Sono queste le armi utilizzate dalla stragrande maggioranza dei rivoltosi scesi per le strade in queste notti di incendi e distruzioni in Francia. Per il momento la calma sembra comunque tornata. Il presidente Macron ha già annunciato una legge d’emergenza per consentire una ricostruzione lampo degli oltre mille edifici pubblici distrutti e anche per risarcire i commercianti (moltissimi i tabaccai) vittime di attacchi e saccheggi. Ieri ha provocato nuove polemiche la divulgazione dei verbali di interrogatorio di Florian M., l’agente di 38 anni che ha ucciso il diciassettenne Nahel a Nanterre. Ha detto di aver sparato temendo che il ragazzo – alla guida di una Mercedes senza patente, che aveva già rifiutato di fermarsi a un controllo – trascinasse nella sua corsa un altro poliziotto. Una versione che pare essere smentita dalle immagini dei video girati da testimoni. L’agente ha anche negato di aver gridato «ora ti prendi un colpo in testa», come si sente in uno dei video. La famiglia di Nahel ha chiesto di tornare alla calma. E che giustizia sia fatta. 

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