Migranti, "prigione galleggiante" per i richiedenti asilo nel canale della Manica. Per le Ong «è inaccettabile»

La chiatta "Bibby Stockholm", lunga quasi 100 metri, sarà operativo a partire da questo mese di luglio, ma divide (e non poco) l'opinione pubblica

Inghilterra, cosa sappiamo della "prigione galleggiante" per i richiedenti asilo nel canale della Manica: per le ong «è inaccettabile»
di Marta Giusti
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 19 Luglio 2023, 16:34 - Ultimo aggiornamento: 20 Luglio, 09:47

Un enorme colosso galleggiante rettangolare è stato ormeggiato al porto dell'isola di Portland, sulla costa meridionale dell'Inghilterra, che si affaccia sul canale della Manica. Si tratta della "Bibby Stockholm": questo il nome dell'enorme chiatta marittima che per i prossimi 18 mesi sarà utilizzata dal governo britannico per "ospitare" fino a 506 richiedenti asilo uomini, tra i 18 e i 56 anni, in attesa che si concluda l'iter della domanda di accoglienza nel Paese. 

 

L'imbarcazione appena noleggiata dal Regno Unito è giunta da Falmouth, in Cornovaglia, dove ha fatto tappa per alcuni lavori di ristrutturazione. Sarà operativa a partire da questo mese di luglio. L'hanno voluta fortemente il primo ministro britannico Rishi Sunak e il ministro dell'Interno Suella Braverman - riporta il sito del Ministero delll'Interno britannico - «come misura per mitigare il costo di 6 milioni di sterline al giorno per la sistemazione in albergo dei richiedenti asilo (attualmente sarebbero circa 51mila secondo le fonti governative n.d.r.) e dissuadere i rifugiati dal compiere la pericolosa traversata del canale verso il Regno Unito». 

L'utilizzo della chiatta galleggiante fa parte del disegno di legge sull'immigrazione illegale (Illegal Immigration Bill), approvato a Downing Street lo scorso maggio.

Proprio la lotta agli ingressi clandestini è una delle priorità dichiarate da Sunak in vista delle elezioni del prossimo anno. 

Dentro la chiatta

Le misure della Bibby Stockholm, "nave d'alloggio" costruita nel lontano 1976, sono impressionanti: 91.62 metri di lunghezza x 27.4 di larghezza, tre piani e 222 camere da letto in totale: significa che almeno 2 o 3 richiedenti asilo dovranno essere stipati in ogni cabina affinché il governo raggiunga l'obiettivo dichiarato di ospitare almeno 500 persone. Il Ministero dell'Interno ha affermato che l'alloggio sarà "di base": sarebbe a dire assistenza sanitaria, servizio di ristorazione e sicurezza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, a un costo dichiarato di 23mila euro al giorno.

Secondo l'opuscolo informativo diffuso Bibby Line Group Limited, la compagnia proprietaria dell'imbarcazione, dovrebbe disporre di camere con bagno privato, una sala TV e giochi e una palestra. E poi anche spazi comuni, un servizio di lavanderia, di fognatura e di catering per i pasti. Sebbene sarà permesso scendere sulla terra ferma, per i futuri ospiti non è ancora stata prevista l’erogazione di alcun servizio relativo all’accoglienza al di fuori del porto.

La polemica: «No alle prigioni galleggianti»

In precedenza la Bibby Stockholm era già stata utilizzata dai governi di Germania e Paesi Bassi per trattenere i richiedenti asilo. In particolare, durante il periodo "olandese", almeno un migrante è morto ed sono stati denunciati casi di violenze, abusi e scarsa igiene a bordo della struttura: lo riporta un'indagine di Corporate Watch sulla Bibby Line.

Nonostante le foto e rassicurazioni dettagliate fornite da Bibby Marine sulla chiatta così ristrutturata, l'arrivo della Bibby Stockholm a Dorset è stato accolto con un atto di  contestazione da parte di una folla di manifestanti per i diritti umani, al grido "No alla prigione galleggiante", come recita lo slogan di una campagna di protesta lanciata dall'l'ong "Reclaim the Sea": i suoi portavoce hanno redatto una lettera aperta a Suella Braverman, Segretaria di Stato per gli Affari Interni, domandando l’abbandono del progetto. La lettera è stata firmata da 706 individui e 91 organizzazioni e collettivi, tra cui Medici Senza Frontiere UK e Sea-Watch. 

Le ragioni della polemica ruotano soprattutto attorno alla mancanza di spazi sufficienti a bordo. «Abbiamo deciso di chiamare la campagna di protesta "No floating prisons" per il carattere generale di questi luoghi. L’attuale processo di ristrutturazione della chiatta prevede l’aumento dei posti da 220 a 500, il che vorrà dire stipare le persone in pochissimo spazio, violando la loro privacy e il diritto allo spazio personale», spiega il fondatore di Reclaim the Sea, Tigs Louis-Puttick, in un'intervista uscita sul sito della ong "Melting Pot Europa". Secondo una stima del The Independent, lo spazio che ogni persona avrà a disposizione sulla Bibby Stockholm sarà di appena 15 metri quadri. Ovvero "la misura di un posto auto".

«Inoltre - continua lo stesso attivista - Portland è un porto chiuso, recintato, non si può entrare ed uscire liberamente. Le autorità potrebbero arbitrariamente decidere di negare il permesso a lasciare il porto e, siccome è un porto privato, non abbiamo controllo sulle decisioni delle autorità, né possiamo essere certi che daranno informazioni».

Poi c'è la questione del continuo stazionamento in acqua: «Per molte persone richiedenti asilo che arrivano nel Regno Unito, il mare rappresenta un luogo di trauma - si legge nella lettera aperta rivolta a Braverman - ospitare i migranti su quella chiatta, che riteniamo essere uguale a una prigione galleggiante, è una cosa moralmente inaccettabile e che comporta il rischio di traumatizzare ancora di più un gruppo di persone già vulnerabile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA