La virata a destra della Spagna non c’è stata. Più correttamente: è stata meno evidente di quanto dicevano i sondaggi e di quanto speravano nel Partito popolare dove si pensava di potere dare la spallata a Sánchez. Il Pp incassa 132 seggi, i Socialisti 122. E nelle elezioni spagnole i veri perdenti sono proprio i sondaggisti. Anche con Vox, la formazione di estrema destra sonoramente sconfitta, il Pp non può farcela a governare. Verso mezzanotte Feijóo, leader dei popolari, ha chiesto alle altre formazioni, dunque ai Socialisti, l’astensione per consentirgli di governare. Parlando da un palco vicino alla sede nazionale del Pp, con i sostenitori che urlavano «presidente, presidente», ma anche «Ayuso, Ayuso» (la potente presidente della Comunidad di Madrid, quasi come se la folla preparasse la successione) ha detto: «Con tutta l’umiltà chiedo formalmente di lasciarci formare il governo, i socialisti non devono bloccare il Paese. Deve governare il partito più votato come sempre successo». Senza i numeri, ha chiesto agli altri di astenersi. Sánchez però ai suoi elettori che festeggiavano in modo perfino più rumoroso di quelli del Pp ha fatto capire che non farà passi indietro. Anzi. «Sono stati sconfitti coloro che vogliono l’involuzione del Paese, la Spagna continuerà ad avanzare». Lo scrutinio ha mostrato un inatteso testa a testa tra il Partito popolare e il Partito socialista. Il Pp ha 136 seggi (più 47), i Socialisti 122 (più 2), Vox 33 (meno 19) e Sumar 31 (meno 7). Sono avanti i Popolari, ma non certo con il distacco atteso. In termini percentuali: Pp 33%, Partito socialista 31,7, Vox 12,4 e Sumar 12,3. Pedro Sánchez sorprende tutti e invita a rimettere nei cassetti i commenti di chi lo dava per finito. Anzi con Sumar (che riunisce diverse formazioni di sinistra compreso Podemos) e altri partiti, potrebbero ottenere una insperata maggioranza per governare. E non passa inosservato il crollo di Santiago Abascal e della sua formazione di estrema destra che sembra sì essere il terzo partito, ma con una emorragia di consensi. C’è un altro modo, molto semplice, per descrivere cosa è successo: la Spagna è divisa in due.
Alberto Núñez Feijóo era convito di trascinare il Partito popolare verso una larga vittoria.
NOCHE LARGA
«Una noche larga», una lunga notte. Questa è la frase più ripetuta quando alle 20 in Spagna si chiudono i seggi e diventano pubblici gli ultimi sondaggi. Nella realtà virtuale non ci sono dubbi che il Partito popolare sia la prima forza, con un vantaggio molto consistente rispetto ai Socialisti. Ma c’è una enorme incognita sulla possibilità di formare un governo, visto che i due sondaggi principali, uno commissionato dalla tv pubblica Tve a Sigma Dos e l’altro di Gad3 per Mediaset, non sono univoci. Il primo dice che il Pp, anche con l’inedita alleanza con l’estrema destra di Vox, non supera il numero cruciale di 176 che vale la maggioranza assoluta; il secondo invece vede Pp più Vox ben al di sopra dei 180 seggi e dunque pronti a governare insieme come già succede in alcune comunità autonome. Per cui tutti i commentatori dicono: ci sarà da aspettare, bisognerà vedere i “voti veri”. Mano a mano che dai sondaggi si passa però ai voti veri, la realtà si ribalta: il trionfo per il Pp si ridimensiona, la fine di Sánchez è una notizia ampiamente esagerata.