Era il 9 febbraio 2015 quando, in un'abitazione di Monte San Biagio, proprio di fronte alla caserma dei carabinieri, fu trovato morto Barlone, conosciuto da tutti in paese come don Patrizio, ex diacono, sospeso e interdetto dall'esercizio e in più occasioni spacciatosi per sacerdote. L'uomo fu trovato nella sua abitazione con le mani legate con alcune fascette di plastica, il cranio fracassato da calci e pugni e la bocca bloccata con una sciarpa. A trovare il cadavere fu la sorella che lanciò subito l'allarme. Le indagini furono piuttosto complesse e alla fine, grazie a una telecamera di sicurezza, quattro persone, tra cui una donna, furono immortalate proprio di fronte alla casa del finto prete. Inizialmente si pensò a un furto ma poi tra le ipotesi prese corpo quella della rapina finita nel sangue, ma anche quella di una vendetta magari legata a questioni di soldi in prestito. Qualche mese dopo i carabinieri arrestarono le sei persone poi portate a processo.
In secondo grado l'accusa aveva chiesto la conferma di tutte le condanne pronunciate dal gup di Latina a conclusione del rito abbreviato, con l'unica eccezione per la posizione di Vincenza Avola, per la quale erano stati chiesti 20 anni per concorso in omicidio. Il movente del delitto sarebbe un debito di 25mila euro contratto con la vittima da Quadrino che, non potendo restituire il denaro, avrebbe contattato i complici per organizzare il furto, poi degenerato in omicidio.