Inchiesta Karibu e Aid, gli allarmi inascoltati

Inchiesta Karibu e Aid, gli allarmi inascoltati
di Francesca Balestrieri e Rita Cammarone
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Sabato 26 Novembre 2022, 09:41

«Le indagini sono in corso con riferimento a temi investigativi diversi e complessi che concernono, in generale, l'impiego dei fondi erogati, i rapporti con l'erario, i rapporti con i dipendenti, i soggetti coinvolti. Gli accertamenti provengono da notizie e comunicazioni pervenute da una pluralità di fonti, di natura pubblica e privata, e si articolano attraverso il dovuto rigoroso vaglio ed approfondimento di ogni notizia e comunicazione». Così ha chiarito ieri con una nota la Procura di Latina ha spiegato l 'inchiesta che vede indagata Marie Therese Mukamitsindo, suocera del deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Aboubakar Soumahoro. Il riferimento è sicuramente alle denunce presentate dal sindacalista della Uiltucs Gianfranco Cartisano e dai dipendenti, circa una ventina, che non sono stati pagati (alcuni anche per oltre un anno). Malgrado le due cooperative, Karibu e consorzio Aid, hanno continuato ad ottenere appalti pubblici in tema di accoglienza.

E' su quella mole di fondi su cui ora stanno indagantdo da una parte Procura e guardia di Finanza, dall'altra gli ispettori del Mise. L'inchiesta più vecchia è datata 2019. Ma almeno da un anno prima erano stati sollevati dubbi sulla gestione dei centri da parte delle cooperative. Nel 2018 una ex dipendente raccontò al Messaggero i ritardi nel pagamento degli stipendi. Lo ricorda oggi Dario D'Arcangelis, sindacalista della Cgil a raccontare il risvolto: «Era il 2018, subito dopo l'emergenza immigrazione con alcune strutture che vennero dichiarate non idonee ad accogliere i migranti che la Cooperativa iniziò a ospitare molte più persone e i problemi iniziarono allora, le problematiche erano sempre le stesse: ritardi nei pagamenti, condizioni lavorative non idonee, l'assenza di sicurezza dentro le strutture per gli operatori, mezzi di protezione inesistenti, insomma il decreto 81 per loro non esisteva. Con la prefettura e l'allora Prefetto Maria Rosa Trio, convocammo un tavolo per cercare di gestire tutta la situazione. La Karibù riconobbe le spettanze ai lavoratori, ma altri aspetti contrattuali erano diciamo così, flessibili. L'impostazione non era trasparente. Riuscimmo a ottenere dei piccoli risultati con la Prefettura, cioè il Governo sul territorio, lo stesso Governo dal quale la Cooperativa prendeva questi finanziamenti pubblici. La Trio aprì una mediazione arrivando sia alle proroghe di alcuni contratti sia al pagamento di alcune mensilità di salario arretrate. Adesso dovrà essere la magistratura a capirlo spiega D'Arcangelis avviando le verifiche per rispondere a una domanda che è tanto semplice quanto complicata».
«La vicenda giudiziaria Karibu è una cronaca annunciata, molti anni fa». Lo sostiene anche l'ex consigliere comunale di Sezze Roberto Reginaldi che ora vive in Francia. «Ho presentato interrogazioni afferma - chiesto chiarimenti in sede di commissione Servizi sociali per anni. Mai ricevuta una risposta trasparente. Le condizioni degli immigrati a Sezze racconta l'esponente di destra, che sedeva ai banchi dell'opposizione - erano sotto gli occhi di tutti, vagavano per le strade, e per questo volevo sapere come venivano spesi i soldi assegnati dal Governo centrale al Comune di Sezze e infine alle cooperative che si occupavano dell'accoglienza. In Consiglio, l'interrogato di turno mi rispondeva che per privacy non poteva riferire. I verbali delle commissioni venivano sintetizzati al massimo, senza riportare la discussione, ma solo le conclusioni dell'amministrazione che dichiarava che stava tutto a posto».
E' un fiume in piena Reginaldi: «Un giorno incontrai un ragazzo ospite della Karibu, parlava francese a differenza degli altri, ed io essendo nato in Francia lo capivo perfettamente. Iniziammo a conversare, volevo conoscere la sua storia. Ma all'improvviso lo portarono via, interrompendo di fatto il nostro colloquio. Ebbi l'impressione, anzi la certezza, che avessero paura che parlasse troppo. Un'altra volta raccontai al sindaco di aver parlato con in ragazzino di 14 anni, egiziano, che era stato messo a lavorare a un autolavaggio gestito da indiani. Era un programma di integrazione? Dal Comune finiva tutto in caciara, mi accusavano di essere xenofobo, io nato in Francia, e razzista, quando nella mia famiglia c'è un'etiope. Assurdo».
Reginaldi non è sosrpreso dall'inchiesta. «La giustizia è lenta. Anche per lo scandalo del cimitero di Sezze, sono passati nove anni dalle prime interrogazioni prima che venisse tutto a galla».
Le sue denunce politiche gli hanno procurato problemi. «Me ne hanno fatte di tutti i color risponde l'ex consigliere - Un giorno mi si parò davanti un professionista che, senza neanche troppi giri di parole, mi disse che mi stavo mettendo nei guai. Poi la cooperativa assunse due miei parenti. Pensavano forse che così mi sarei fermato. Ma non lo feci».
 

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