Cassese: «Il governo può imporre limiti ai territori, la salute prevale sul diritto di muoversi»

Cassese: «Il governo può imporre limiti ai territori, la salute prevale sul diritto di muoversi»
di Diodato Pirone
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Sabato 30 Maggio 2020, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 08:50

Professor Cassese, l'idea che sta prevalendo nel governo e nel Comitato tecnico scientifico è quella di consentire o meno i viaggi fra tutte le Regioni a partire da un'unica data anche se alcune aree italiane hanno un livello di contagio più alto di altre.  Ma sul piano giuridico questo criterio è equo? Sono protette le popolazioni delle Regioni dove la circolazione del virus è bassa o nulla?
«Si tratta di due problemi diversi: quello sanitario, del livello del rischio, e quello giuridico, del grado di tutela dell'eguaglianza. Tra i due va raggiunto un equilibrio, ricordando che l'articolo 16 della Costituzione prevede limitazioni in via generale».

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Sul piano costituzionale il diritto alla salute supera quello della libertà di circolazione?
«Il fatto che per motivi sanitari possano esser disposti limiti alla libertà di circolazione mette in primo piano il diritto alla salute rispetto alla libertà di circolazione».

Chi è titolare di entrambi i diritti? Lo Stato o le Regioni?
«L'autorità che può intervenire nel disporre limiti è lo Stato. La riserva di legge contenuta nella Costituzione (articolo 16) va intesa come riserva di legge statale. Infatti, l'articolo 120 aggiunge che le Regioni non possono limitare la circolazione delle persone tra le Regioni».

La gestione dell'epidemia ha messo a dura prova il rapporto Stato-Regioni. Cosa ha funzionato male?
«E' molto difficile elencare quello che ha funzionato bene. Il primo premio va forse dato gli italiani, spinti dalla paura e da una inedita coesione dinanzi al pericolo».

E cosa invece andrebbe salvato?
«Più che salvare andrebbe ricordato ai nostri governanti che la profilassi internazionale è di competenza esclusiva dello Stato e appartiene alla tutela della salute, non alla Protezione civile».

Da dove si potrebbe cominciare a riscrivere il rapporto fra Stato e Regioni?
«Le Regioni hanno cinquanta anni e molte rughe. Alcune funzioni a loro trasferite dovrebbero ritornare in gestione uniforme se non centrale, altre funzioni potrebbero esser trasferite dallo Stato alle Regioni. Dal 1970, anno di nascita delle amministrazioni regionali, il mondo è cambiato, si dovrebbe fare una verifica di ciò che va cambiato nei rapporti tra Stato e Regioni. Inoltre, c'è il problema delle macroregioni, del quale si è interessato in anni scorsi l'onorevole Roberto Morassut, con considerazioni e proposte molto interessanti. Insomma, una verifica va fatta e senza perdere troppo tempo».
 

 
 
 

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