Non era la Var, ma hanno usato ugualmente le telecamere. E tutto per una partitella tra ragazzini nel campetto della parrocchia, dopo le proteste dei vicini contro il pallone finito in strada. Ed ora il parroco di Carpenedo (Mestre), don Gianni Antoniazzi, sbotta: «Vogliamo che Mestre diventi una città in cui i giovani non possono nemmeno giocare?». Sembra una piccola storia, ma è una di quelle che definiscono un po’ i tempi che stiamo vivendo. Siamo nel patronato della chiesa dei santi Gervasio e Protasio, in uno dei tanti pomeriggi in cui gruppi di ragazzi si trovano per tirare quattro calci ad un pallone. E, come è sempre successo, capita che il pallone finisca fuori, passando al di sopra della rete protettiva alzata sul perimetro del campo, finendo in via Manzoni. «Proprio in quel momento passava per strada un uomo che portava a spasso il cane - racconta don Gianni sul notiziario parrocchiale “Lettera Aperta” -, il quale ha ritenuto di prendere il pallone e di portarselo in casa. Poco dopo i ragazzi lo hanno incontrato e hanno chiesto di riavere quel pallone di cuoio, tra l’altro costoso, ma lui ha risposto che dovevo andare io a chiederlo». E così i giovani si sono rivolti a don Gianni che è uscito dalla canonica per incontrare il vicino, porgendogli le scuse per l’episodio. Ma non è bastato, perché l’uomo ha riferito di essere stato colpito in testa dal pallone e che lo avrebbe restituito solo una volta chiusi i buchi sulle reti. Don Antoniazzi non si è perso d’animo: «Ho preso la scala, il filo di ferro e sono andato di persona a fare i rattoppi: quelli vecchi si erano guastati perché dietro la porta, si sa, le reti si rovinano rapidamente. Sono tornato e i vicini si solo comunque lamentati perché volevano le reti anche sopra al cancello scorrevole. Ma lì non posso metterle perché chiuderei il passaggio ai mezzi più alti».
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Il pallone è stato comunque restituito, ma a quel punto il sacerdote si è voluto togliere anche l’ultimo dubbio.