Infanticidio Bergamo, Monia ​avrebbe tentato di uccidere Mattia un mese prima della sua morte

Il piccolo fu salvato. Spunta un post della donna: «Tenevo i miei figli come gioielli»

Infanticidio Bergamo, Monia avrebbe tentato di uccidere Mattia un mese prima della sua morte
di Claudia Guasco, nostra inviata
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Lunedì 6 Novembre 2023, 00:20

Mattia Zorzi è nato da due settimane, e ha meno di due mesi davanti a sé prima di morire, quando viene ricoverato all’ospedale di Bergamo. «Apnea durante una poppata», racconta la madre della terribile esperienza in un suo post. È cianotico, non respira e anche questa volta a dare l’allarme è la mamma Monia Bortolotti, 27 anni, che un anno prima ha perso la figlia Alice di quattro mesi. Una morte in culla, viene stabilito. Il compagno Cristian Zorzi, 52 anni, si dispera, la nascita del bimbo era un soffio di speranza e ora pare di nuovo tutto finito. Ma i medici salvano il piccolo, lo riconsegnano alle cure della madre che il 25 ottobre 2022, secondo quanto ricostruito nell’inchiesta della Procura di Bergamo, porta a termine ciò che aveva iniziato. Uccide il figlio neonato premendogli un cuscino sulla faccia e sul torace.

Monia Bortolotti, chi è la mamma arrestata per l'infanticidio dei due figli. Sui social scriveva: «Li tenevo come fiorellini, perfetti»

PUÒ UCCIDERE ANCORA

Monia Bortolotti, origini indiane, adottata a un anno da una famiglia della Val Seriana, ha trascorso i suoi primi due giorni in carcere con l’accusa di infanticidio plurimo.

Sabato mattina, con il suo arresto, la sezione operativa dei carabinieri di Bergamo ha tirato le fila di un’indagine fatta di autopsie, di racconti dei familiari sempre più inquieti per la salute mentale della donna, dell’analisi stilata dallo psicologo che la seguiva fin dalla nascita di Alice per uno stato di stress dovuto alla gestione dei bambini. Monia, sostengono gli inquirenti, ha ucciso la primogenita e poi Mattia perché «incapace di reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei figli». L’ordinanza di custodia cautelare del gip Federica Gaudino rileva la «pericolosità sociale» della giovane e il rischio di «reiterazione del reato». Un mese dopo la morte di Alice, infatti, era già incinta del maschietto e il timore degli inquirenti era che il desiderio di un’altra gravidanza potesse innescare la medesima volontà omicidiaria. Perché Monia, studi universitari di psicologia interrotti per seguire il sogno della danza, avrebbe agito «nella piena capacità di intendere e di volere, apparendo lucida, ben orientata, con grande capacità di linguaggio, razionalizzazione e freddezza». Caratteristiche dimostrate nel tentativo di difendersi, quando ha capito che i sospetti convergevano su di lei, e dispensate negli interventi sulle pagine social dedicate alla “Sids Awarness”, la morte in culla. Lo scorso 13 ottobre scrive: «Ho sempre detto che non sarei riuscita a sopravvivere se anche il mio secondo bimbo mi avesse lasciato. Ed era vero, vado avanti solo per proteggere l’amore immenso che provo per i miei bimbi dalle accuse della Procura, perché i miei bimbi erano tenuti come gioielli, erano perfetti, erano la gioia che cercavo da una vita».

LA SEPARAZIONE

In quel momento le strade di Monia e Cristian si sono già divise, da tempo erano in crisi ed è stato lui a troncare definitivamente dopo i risultati dell’autopsia sul corpo di Mattia, depositata a febbraio 2023, nella quale il medico legale riconduce le cause del decesso a una «asfissia meccanica acuta da compressione del torace». La donna viene iscritta nel registro degli indagati ma continua a vivere nell’appartamento di Cristian a Pedrengo, dove in base alle accuse lei ha soffocato i suoi figli. A settembre si trasferisce a Gazzaniga nella casa del padre e della compagna, i rapporti con la madre Laura Brena sono conflittuali e da parte di Monia pieni di risentimento. Il 20 agosto sfoga il suo rancore sul sito della morte in culla, da lei trasformato in una sorta di terapia: «Perché adottata? Perché adottata da una mamma nociva e anaffettiva? Chi lo sa». Due mesi dopo insiste e si autoassolve: «Avendo avuto una madre aggressiva psicologicamente, non riesco a concepire nemmeno la violenza verbale, tanto meno quella fisica, su nessun essere vivente, tanto meno i miei bambini». Si mostra afflitta: «I sensi di colpa per non avere fatto abbastanza per i miei bambini, per non essere riuscita a salvarli, mi sta distruggendo. Quante volte ho messo Alice a dormire di lato, quante ho pensato a sistemare la casa mentre lei dormiva, quante mai non l’ho controllata meglio. Perché diavolo mi sono fatta la doccia? Era tutta la mattina che non mi lavavo, perché non potevo andare avanti a non lavarmi? Perché non sono riuscita a salvarla con le manovre?».

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