Mattia Zorzi è nato da due settimane, e ha meno di due mesi davanti a sé prima di morire, quando viene ricoverato all’ospedale di Bergamo. «Apnea durante una poppata», racconta la madre della terribile esperienza in un suo post. È cianotico, non respira e anche questa volta a dare l’allarme è la mamma Monia Bortolotti, 27 anni, che un anno prima ha perso la figlia Alice di quattro mesi. Una morte in culla, viene stabilito. Il compagno Cristian Zorzi, 52 anni, si dispera, la nascita del bimbo era un soffio di speranza e ora pare di nuovo tutto finito. Ma i medici salvano il piccolo, lo riconsegnano alle cure della madre che il 25 ottobre 2022, secondo quanto ricostruito nell’inchiesta della Procura di Bergamo, porta a termine ciò che aveva iniziato. Uccide il figlio neonato premendogli un cuscino sulla faccia e sul torace.
PUÒ UCCIDERE ANCORA
Monia Bortolotti, origini indiane, adottata a un anno da una famiglia della Val Seriana, ha trascorso i suoi primi due giorni in carcere con l’accusa di infanticidio plurimo.
LA SEPARAZIONE
In quel momento le strade di Monia e Cristian si sono già divise, da tempo erano in crisi ed è stato lui a troncare definitivamente dopo i risultati dell’autopsia sul corpo di Mattia, depositata a febbraio 2023, nella quale il medico legale riconduce le cause del decesso a una «asfissia meccanica acuta da compressione del torace». La donna viene iscritta nel registro degli indagati ma continua a vivere nell’appartamento di Cristian a Pedrengo, dove in base alle accuse lei ha soffocato i suoi figli. A settembre si trasferisce a Gazzaniga nella casa del padre e della compagna, i rapporti con la madre Laura Brena sono conflittuali e da parte di Monia pieni di risentimento. Il 20 agosto sfoga il suo rancore sul sito della morte in culla, da lei trasformato in una sorta di terapia: «Perché adottata? Perché adottata da una mamma nociva e anaffettiva? Chi lo sa». Due mesi dopo insiste e si autoassolve: «Avendo avuto una madre aggressiva psicologicamente, non riesco a concepire nemmeno la violenza verbale, tanto meno quella fisica, su nessun essere vivente, tanto meno i miei bambini». Si mostra afflitta: «I sensi di colpa per non avere fatto abbastanza per i miei bambini, per non essere riuscita a salvarli, mi sta distruggendo. Quante volte ho messo Alice a dormire di lato, quante ho pensato a sistemare la casa mentre lei dormiva, quante mai non l’ho controllata meglio. Perché diavolo mi sono fatta la doccia? Era tutta la mattina che non mi lavavo, perché non potevo andare avanti a non lavarmi? Perché non sono riuscita a salvarla con le manovre?».