Non poteva essere considerato un evento imprevedibile, di quelli al di fuori di una logica ordinaria. Anzi. Si trattava di un evento annunciato, segnalato opportunamente agli enti locali e agli organi di controllo del territorio, che avrebbe dovuto imporre interventi rigorosi. Fa leva su questa ricostruzione, la sentenza del giudice civile infervenuto sulla morte di Cristina Alongi, la napoletana 44enne colpita a morte dieci anni fa (era il 10 giugno del 2013) dal crollo di un pino, in via Aniello Falcone a Napoli. Una sentenza in sede civile, con cui - appena qualche giorno fa - sono state disposte le prime forme di risarcimento in favore di due parenti della donna uccisa dall’albero. La storia è raccontata da "Il Mattino".
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Assistiti dai civilisti Vincenzo Cesaro e Claudio Fabbricatore (mentre in sede penale, la parte civile era rappresentata dagli avvocati Maurizio Sica e Adriano Baffi), i due stretti congiunti di Cristina Alongi hanno ottenuto un risarcimento di oltre un milione di euro.
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Ricordate le pagine dell’inchiesta sul caso Alongi? Agli atti dell’inchiesta, anche la telefonata con cui il titolare di un esercizio commerciale della zona aveva provato ad ottenere l’intervento delle forze dell’ordine, allertando polizia municipale e vigili del fuoco. Una conversazione che si chiuse in modo grottesco, con la battuta di un uomo in divisa, che - in modo infelice - disse: «Se l’albero tentenna, traballa, cosa dobbiamo fare? Vengo io a mantenere il fusto dell’albero?». Ma torniamo alla storia del risarcimento. Scrive il giudice: «Il danno è venuto a determinarsi in un contesto in cui erano emersi nel tempo fatti materiali, specifici e reiterati (che neppure i convenuti fanno oggetto di alcuna censura), tali, dunque, da imporre l’attivazione dei poteri di controllo. La condotta gravemente omissiva del Comune di Napoli trova conferma in numerosi fatti e circostanze emersi nel corso del procedimento penale definito in primo grado con la richiamata sentenza resa dal Tribunale di Napoli ed è censurabile, inter alia, alla luce delle segnalazioni ricevute da alcuni cittadini sulle condizioni del pino». Poi, il riferimento del Viminale: «Ai fini dell’accertamento della responsabilità del Ministero dell’Interno occorre ribadire la pacifica circostanza che in data 27 maggio 2013 alle ore 13,15, il titolare di un esercizio commerciale ubicato di fronte all’albero crollato sollecitò telefonicamente l’intervento dei Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Napoli, rappresentando la situazione di pericolo dell’albero, segnalando che esso aveva un taglio evidente sul tronco e si stava piegando, pendendo su un lato prospiciente la strada». Come è tristemente noto, non ci furono interventi di alcun tipo. Oggi c’è un risarcimento del danno, mentre è probabile che il Tribunale si esprima anche su altre azioni civili firmate da altri congiunti della donna uccisa dall’incuria e dall’indifferenza.